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Confindustria: le fabbriche non sono focolai di contagio

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Una ricerca svolta sui dipendenti in Italia durante il lockdown ad aprile ha dimostrato che l'85,1% dei lavoratori rispetta il distanziamento

I dati Istat-Ministero della Salute pubblicati il 3 agosto fanno chiarezza sulle polemiche di metà marzo, quando l’apertura delle fabbriche era considerata tra i principali fattori di diffusione del contagio da Covid19: fabbriche e luoghi di lavoro non sono stati focolai di contagio. È quanto afferma Confindustria. Lo studio Istat-Ministero della Salute sulla sieroprevalenza spiega che a fronte di una media nazionale del 2,5% di persone entrate in contatto con il virus, gli occupati in settori attivi durante la pandemia presentano valori analoghi (2,8%) rispetto ai comparti sospesi (2,7%).

Come emerge dall’analisi del Prof. Daniele Marini, Docente di Sociologia dei processi economici, pubblicata dal Sole24Ore: “La diffusione della pandemia ha obbligato le imprese, in vista della ripresa dopo la sospensione, a realizzare opere di sanificazione e di sicurezza sanitaria per poter consentire ai lavoratori di lavorare. Una ricerca svolta sui lavoratori dipendenti in Italia durante il lockdown ad aprile (Community Research&Analysis per Federmeccanica) ha dimostrato come l’85,1% dei lavoratori dichiarasse un’attenzione al distanziamento, piuttosto che l’uso di mascherine e attività di sanificazione, fossero state realizzate all’interno di tutti i reparti e uffici. Quota che si elevava al 92,1% fra i metalmeccanici. L’86% dichiarava che le imprese avevano tenuto in debita considerazione le proposte dei lavoratori.” A commento degli esiti della ricerca Istat-Ministero della Salute, è intervenuto il Vice Presidente per le Filiere e le Medie Imprese Maurizio Marchesini con una intervista pubblicata sul Sole.

“Questa ricerca – ha sottolineato Marchesini – rende giustizia al mondo delle imprese rispetto alle polemiche dei mesi scorsi, frutto di un forte sentimento anti impresa, gravissimo, che purtroppo si percepisce sempre di più e che non va a vantaggio del nostro paese. Ora mi aspetterei un segnale di ripensamento e invece continuano pesanti critiche anche su altri fronti, come quello sulla Cassa Covid, in cui ci sono state affermazioni distorsive della realtà”. Infatti Marchesini chiarisce che “non era legata ad uno stato di crisi ma a un’emergenza sanitaria, quindi sganciata da parametri e a carico dello Stato. Inoltre, il testo parla di settori e non di singole imprese, specificando che anche all’interno dei vari comparti queste ultime possono aver avuto un diverso andamento. Altro tema è il riferimento al fatturato che non rispecchia la situazione dell’azienda nel periodo preso in considerazione, perché può essere legato a ordini precedenti o all’esaurimento delle scorte. Per esempio, nella mia impresa, che produce macchinari per il confezionamento di farmaci e cosmetici, dall’ordine alla messa in produzione, fino alla fatturazione del bene, passano circa 8-12 mesi. Non è come nel commercio al dettaglio, dove vendita e incasso sono contestuali” – ha fatto notare il Vice Presidente Marchesini.

“Se le imprese non ripartono non si crea occupazione e sviluppo. È ora di prenderne consapevolezza. La nostra speranza è di essere ascoltati dal governo e dalle forze politiche per poter recuperare, come paese, il crollo del Pil che stiamo subendo. Dovremmo remare tutti nella stessa direzione come abbiamo fatto in occasione del terremoto in Emilia Romagna in cui imprese, sindacati e Istituzioni hanno fatto fronte comune. Inoltre non dobbiamo limitarci a gestire l’emergenza ma ragionare su un progetto di sviluppo Paese in base alle direttrici europee: digitale, green economy, ricerca e innovazione, infrastrutture. Servono scelte di politica industriale per dare impulso agli investimenti. A partire da Industria 4.0 a cui andrebbero applicati sin da subito gli stessi meccanismi di cessione e bancabilità di eco bonus e sisma bonus, che avrebbero effetti immediati e non comporterebbero oneri aggiuntivi” ha concluso Marchesini.