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Leucemia linfatica cronica, 3.500 nuove diagnosi l’anno in Italia ma in tempo di Covid casi in calo

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Roma, 9 giu. (Adnkronos Salute) - Sospesi tra la malattia che non aspetta e la necessità di evitare il contagio da Sars-CoV-2. Si sentono così i pazienti con leucemia linfatica cronica, la forma più comune negli adulti che si accanisce soprattutto sugli uomini in età avan...

Roma, 9 giu. (Adnkronos Salute) – Sospesi tra la malattia che non aspetta e la necessità di evitare il contagio da Sars-CoV-2. Si sentono così i pazienti con leucemia linfatica cronica, la forma più comune negli adulti che si accanisce soprattutto sugli uomini in età avanzata (71 anni è l’età media). In Italia ci sono circa 30 mila persone con questo tumore del sangue: molte di loro a causa del lockdown hanno dovuto sospendere e rinviare alcune prestazioni per lasciare spazio ai malati di Covid-19. Questi pazienti ematologici, tra i più delicati e fragili poiché la malattia stessa e le sue cure quando necessarie indeboliscono il sistema immunitario, spesso hanno dovuto gestire la patologia 'da remoto'. Terrorizzati di contagiarsi tornando negli ambulatori anche solo per controlli e perennemente in ansia per le possibili conseguenze di terapie o visite rimandati. Risultato? Alcuni centri di ematologia hanno riscontrato una riduzione dei nuovi casi di Llc durante la pandemia.

"Ogni anno sono 3.500 le nuove diagnosi di Llc – afferma Antonio Cuneo, del Dipartimento Scienze mediche dell’Università di Ferrara – tutti vengono assistiti in circa 100 centri. E proprio alcuni centri di ematologia hanno registrato una riduzione dei nuovi casi di Llc durante l’emergenza da Covid-19. È quanto emerso da un questionario distribuito in 33 centri sparsi su tutto il territorio nazionale, dove sono in cura oltre 9000 pazienti con Llc, circa un terzo di tutti i malati con leucemia linfatica cronica in Italia. I dati del questionario, pubblicati sul sito di '' parlano chiaro: su 33 centri, ben 20 hanno evidenziato un calo delle nuove diagnosi di Llc nei mesi di marzo e aprile".

"Questo è avvenuto in quanto la malattia viene spesso diagnosticata in occasione di controlli di routine prescritti dal medico di medicina generale. Ovviamente, tali controlli non sono stati effettuati in piena emergenza sanitaria, per evitare il contagio da Covid-19. Un ritardo nella diagnosi non è pericoloso nella maggior parte dei casi, ma può avere ricadute negative per quella quota di pazienti con sintomi che ritardano l'inizio della terapia".

Non solo. "Il 15% dei centri interpellati – ancora Cuneo – ha riscontrato rallentamenti o difficoltà nel completare le indagini diagnostiche nei pazienti giunti alla loro osservazione. L’inizio di nuove terapie è stato rimandato nel 79% dei centri tutte le volte che l’evoluzione della malattia era lenta, i sintomi lievi e le condizioni generali del paziente lo consentivano. Inoltre, va anche segnalato, che il 73% dei centri non ha modificato e non ha ritardato il programma terapeutico avviato in precedenza mentre il 30 per cento dei centri ha ritardato la ristadiazione della malattia, in pratica la valutazione della risposta al trattamento eseguito è stata rinviata. In linea generale, se asintomatico e con esami buoni e stabili, il paziente riceveva indicazioni al telefono e veniva riprogrammata la visita in altra data. Veniva, invece, sottoposto a visita se presenti sintomi che richiedevano approfondimento".

Per i pazienti con Llc, così come con altri tumori del sangue, le visite di controllo sono state eseguite nella maggioranza dei casi da remoto mediante contatti telefonici e lettura a distanza degli esami di laboratorio nei centri di ematologia. "Alcuni pazienti, però, hanno avuto difficoltà nel contattare il centro – ricorda Sabrina Nardi, responsabile Ail Pazienti – o hanno visto rimandare la visita, anche diversi mesi dopo. Tutto ciò ha generato in loro ansia e preoccupazione".

"E una paura su tutte: che i mancati controlli – dice Nardi – potessero avere conseguenze sull’andamento della malattia o sul successo delle cure. In molti altri casi, invece, la lunga 'convivenza' con la malattia e l’esperienza ha fatto sì che il paziente si sentisse più sicuro nel leggere i valori ed interpretare se qualcosa stava cambiando. C’è anche chi ha condiviso gli esami del sangue con il medico di base per valutare insieme se fosse opportuno o meno tornare nel centro ematologico con la prescrizione dell’urgenza".

Il coronavirus non ferma la cura dei tumori ematologici. Ne è convinta Francesca Mauro, dell’Istituto di Ematologia del Policlinico Universitario Umberto I, che però avverte: "I pazienti ematologici sono frequentemente immunodepressi e solitamente abituati alle precauzioni necessarie per evitare infezioni. L’inizio di trattamenti associati a rischio infettivologico, quando ragionevolmente possibile, è stato procrastinato. Questo perché iniziare un trattamento terapeutico con effetti immunosoppressivi in piena pandemia sarebbe stata una scelta non prudente, meglio rinviare per non aumentare ulteriormente il rischio infettivologico in pazienti che, ricordiamolo, spesso presentano almeno 2-3 patologie concomitanti".

"Per questo motivo – continua – dei 600 pazienti che ogni anno si rivolgono al nostro Istituto, abbiamo gestito dal punto di vista terapeutico i soli casi già in trattamento e quelli che richiedevano l’inizio urgente di una terapia e dal punto di vista diagnostico i casi che richiedevano uno screening non rinviabile. Tutto questo, tra non poche difficoltà: rispettando il distanziamento sociale e adottando tutti i dispositivi di sicurezza individuale". "Recependo le indicazioni della autorità sanitarie – conferma Cuneo – le ematologie dei centri interpellati hanno eseguito triage per la rilevazione della febbre e di sintomi influenzali nel 90% dei centri prima dell'accesso alle strutture di day hospital e ambulatoriali. I pazienti sospetti venivano isolati e sottoposti a tampone nasofaringeo e nasale. Quindi venivano riprogrammati gli appuntamenti non urgenti consentendo la riduzione del numero di pazienti afferenti al day hospital e consentendo il rispetto delle norme di distanziamento dei pazienti in sala di attesa e in sala terapia".

La Llc è una malattia curabile dalla quale ad oggi non si guarisce con le cure convenzionali. "La Llc – ammette Mauro – è una patologia per la quale la terapia è necessaria nelle forme in cui la malattia è progressiva e dà segni di malessere: anemia, riduzione dei livelli di piastrine, aumento progressivo e significativo dei globuli bianchi, del volume dei linfonodi, della milza, senso di affaticamento, febbre e dimagrimento. Nella stragrande maggioranza dei pazienti, questo avviene a distanza di tempo dalla diagnosi iniziale. Per questo, la terapia inizia più tardi, ovvero nel momento in cui la malattia è già presente da tempo". "Una parte dei pazienti – sostiene Cuneo – dopo una terapia efficace può rimanere senza segni della malattia per oltre dieci anni. Ecco perché possiamo definire questi pazienti 'funzionalmente guariti"'.

Oltre alla malattia, che ha un impatto negativo sulla qualità della vita di chi ne è affetto a causa dei sintomi e degli effetti della terapia, i pazienti con Llc in questi mesi hanno dovuto fare i conti anche con la paura del contagio poiché la patologia li rende più vulnerabili alle infezioni, quindi anche a rischio di contrarre il virus.

"L'emergenza Covid-19 – conclude Sabrina Nardi, responsabile Ail Pazienti – ha avuto un notevole impatto sulla vita quotidiana dei pazienti ematologici, in quanto fragili e a rischio aumentato di contrarre infezioni. Tra le loro richieste più frequenti: assistenza rispetto ai diritti connessi alle norme emanate dal Governo per il mantenimento del lavoro o per l’accesso ai bonus; informazioni sulle semplificazioni amministrative per accedere ai farmaci o sulla possibilità di ricevere cure a casa".

"E ancora: informazioni su come evitare di contrarre il virus; sapere se si è esposti a rischio aumentato e quali effetti in caso di infezione. Per questi motivi, Ail ha messo in campo servizi di informazione e potenziato l’assistenza sul territorio attraverso le sue 81 sezioni (che hanno incrementato l’assistenza domiciliare sul territorio e, in diverse realtà, anche il trasporto gratuito dei pazienti casa-ospedale), oltre ad aver istituito il numero verde 800-226524, attivo fino a dicembre dal lunedì al venerdì (dalle 15.00 alle 17.00) per parlare con ematologi, psicologi e esperti di diritti sociali e lavorativi. Per info e consulenze ci si può rivolgere allo ".