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L'ematologo Corradini: "Non certi di garantire Car-T ai malati con pandemia"

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Roma, 3 nov. (Adnkronos Salute) - Durante la prima fase della pandemia l'Italia è riuscita garantire ai pazienti che potevano usufruirne le Car-T, le terapie emato-oncologiche personalizzate che hanno segnato una svolta nella cura contro alcuni linfomi. "Con questa nuova fase epidem...

Roma, 3 nov. (Adnkronos Salute) – Durante la prima fase della pandemia l'Italia è riuscita garantire ai pazienti che potevano usufruirne le Car-T, le terapie emato-oncologiche personalizzate che hanno segnato una svolta nella cura contro alcuni linfomi. "Con questa nuova fase epidemica, con i numeri che sta prendendo, non lo sappiamo. A Parigi hanno chiuso tre settimane fa il reparto di terapia Car-T e trapianto, con cui sono in contatto. Non ci metto la mano sul fuoco che noi riusciremo". Lo ha spiegato Paolo Corradini, direttore della Divisione di Ematologia della Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori di Milano, intervenuto alla presentazione in streaming del progetto "Cell therapy open source. Le terapie Car-T, dal laboratorio al paziente. Il primo report sullo scenario delle Car-T in Italia", promosso da Gilead e dall'Osservatorio terapie avanzate.

In questa fase infatti, ha detto Corradini, "i numeri del contagio diventano talmente grandi che il problema gestionale non è da poco". L'organizzazione alla base di questa terapia è infatti complessa. I linfociti del paziente con un linfoma aggressivo (o una leucemia linfoblastica nel bambino e nel giovane adulto) non più in grado di reagire alla malattia che non lascerebbe scampo, "vengono prelevati e inviati nel sito di produzione di una delle due aziende che oggi sono in grado di fornire questo prodotto a livello commerciale e vengono modificati per distruggere le cellule malate", ha spiegato Corradini. Un processo che potrebbe essere reso complicato dalla pandemia.

"Quella di garantire le Car-T – ha concluso l'esperto – è stata una preoccupazione mondiale. L'Italia sostanzialmente non ha diminuito questa attività potenzialmente salvavita. Le aziende sono riuscite a produrre quello che serviva per i pazienti, pur avendo le grandi fabbriche americane colpite da Covid, con persone che non potevano andare a lavorare. Nella prima ondata gli ostacoli sono stati superati. Ora non sappiamo".