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Aceti (Salutequità): 'Per malati no Covid emergenza nell'emergenza'

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Roma, 3 dic. (Adnkronos Salute) - "E' emergenza nell'emergenza. La pandemia Covid sta condizionando il livello di accessibilità al Servizio sanitario nazionale da parte dei pazienti non Covid". A lanciare l’allarme è Tonino Aceti, presidente della neonata asso...

Roma, 3 dic. (Adnkronos Salute) – "E' emergenza nell'emergenza. La pandemia Covid sta condizionando il livello di accessibilità al Servizio sanitario nazionale da parte dei pazienti non Covid". A lanciare l’allarme è Tonino Aceti, presidente della neonata associazione Salutequità, il nuovo 'laboratorio italiano' per l’analisi, l’innovazione e il cambiamento delle politiche sanitarie e sociali, che ha presentato oggi il suo primo Report 'Equità di accesso alle cure e Covid-19' e annunciato le sue prime proposte per le Istituzioni.

L’impreparazione del Ssn a garantire il doppio registro di assistenza – ha spiegato in sintesi Aceti – ai pazienti Covid e non Covid, ha prodotto nei primi mesi del 2020 una caduta libera di ricoveri (-40%), ricette per prestazioni di specialistica ambulatoriale (-58%) e screening oncologici (meno 50-55%), oltre a una drastica contrazione della spesa per farmaci innovativi non oncologici che, in alcune Regioni, ha riguardato anche quelli oncologici. Covid-19 moltiplicatore di disuguaglianze, quindi, con un rischio prevedibile sul livello di salute degli italiani.

"Il tema delle disuguaglianze di salute in Italia – continua Aceti – è al centro dell’emergenza Covid, ma non solo con l’evidenza sempre più drammatica di un nuovo profilo di iniquità di accesso alle cure tra pazienti Covid e non. Nonostante il 2021 si stia già caratterizzando come un anno importante per la progressiva uscita dalla pandemia, dovrà anche caratterizzarsi per una seconda grande sfida da vincere assolutamente, quella del rientro dei pazienti non Covid nel circuito della presa in carico del Ssn, praticamente pazienti 'esodati' nel 2020".

Dal I Report Salutequità emerge, in particolare, che durante la pandemia la riduzione delle attività ospedaliere nel primo semestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019, ha subito una contrazione pari a circa il 40%. Anche il numero di ricette per prestazioni specialistiche erogate è crollato mediamente del 58%, ovvero 13,3 milioni di accertamenti diagnostici e 9,6 milioni di visite specialistiche in meno. E la contrazione è stata diversa tra le Regioni: ad esempio in Basilicata -61% mentre in Lombardia, la Regione più colpita nella prima fase, -39% (quasi nella media nazionale).

Il report, primo atto di Salutequità, sottolinea la capacità di erogare le cure alle persone non Covid è legata a diversi fattori. Uno di questi è la disponibilità di personale sanitario, spesso però carente perché impiegato in prima linea nella pandemia. Così, ad esempio, guardando ai dati pre-covid, si va da una disponibilità di 5,59 operatori sanitari ogni 1000 abitanti della Campania ai 10,97 della Valle d’Aosta.

La pandemia, tuttavia, non ha rallentato in modo significativo solo l’attività di cura e controllo delle patologie conclamate, ma ha ridotto significativamente anche l’attività di prevenzione, come mostra il caso degli screening oncologici mammografico (-54%), colorettale (-55%) e cervicale (-55%). In questo senso circa la metà delle Regioni ha perso il 50% delle attività di screening rispetto al periodo pre-Covid, e in alcuni casi anche oltre il 70%. Anche i ritardi accumulati sono diversi tra Regioni: per lo screening mammografico si passa dai 3,6 mesi di ritardo della Calabria ai 2 mesi della Toscana; per lo screening colorettale si passa dai 3,6 del Lazio a 1,6 mesi dell’Umbria. Nel complesso non sono state diagnosticate circa 4.300 neoplasie e 4.000 adenomi.

Un ulteriore elemento fortemente penalizzato dalla pandemia è stato l’accesso da parte dei pazienti ai farmaci innovativi. Per quelli “non oncologici” nel periodo gennaio-aprile 2020 si è speso circa un terzo rispetto al 2019, con una contrazione pari a circa 265 mln di euro.

La sanità digitale, e in particolare il Fascicolo sanitario elettronico, avrebbe potuto facilitare lo svolgimento delle cure a distanza e anche l’identificazione immediata delle complicanze e delle malattie concomitanti, ma anche su questo a luglio 2020 il Ssn era piuttosto indietro, con differenze molto marcate tra le Regioni: attivato con il consenso del cittadino per l’85% della popolazione in Emilia-Romagna, il 77% in Friuli-Venezia Giulia e il 60% in Lombardia, è del tutto assente ad esempio in Calabria, Abruzzo e Bolzano.

Tutto questo a fronte di cospicui finanziamenti alla sanità che, dopo anni di tagli, sono vistosamente cresciuti passando rapidamente dai circa 114,5 miliardi del 2019 ai 120,5 del 2020, in aumento ancora nel 2021. Finanziare il Ssn non sembra dunque sufficiente per migliorare lo stato dell’assistenza e accade anche che le risorse stanziate non vengano sempre utilizzate, come nel caso delle risorse per investimenti di cui è stato speso in media il 65% cioè circa 6,7 miliardi di euro, ma ci sono Regioni che hanno utilizzato poco più del 18% dei fondi disponibili come ad esempio il Molise.

Anche guardando alle risorse stanziate all’interno delle misure emergenziali vi sono risorse molto importanti, circa 500 milioni di euro, per garantire il recupero delle liste di attesa che si sono accumulate perché cancellate o sospese a causa della prima ondata del virus, ma ad oggi non sono state utilizzate. Criticità anche nell’utilizzo delle risorse stanziate per potenziare il personale sanitario, ampiamente sottodimensionato rispetto ai bisogni della popolazione.