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Coronavirus: Primanni, ‘aziende italiane in svendita? Governo punti su ricostruzione’

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Roma, 25 mar. (Labitalia) - In questi giorni di coronavirus, le aziende italiane, indebolite dai provvedimenti sanitari, sono a rischio di shopping da parte delle concorrenti straniere? Sull’argomento Adnkronos/Labitalia ha intervistato Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting, societ&a...

Roma, 25 mar. (Labitalia) – In questi giorni di coronavirus, le aziende italiane, indebolite dai provvedimenti sanitari, sono a rischio di shopping da parte delle concorrenti straniere? Sull’argomento Adnkronos/Labitalia ha intervistato Maurizio Primanni, ceo di Excellence Consulting, società di consulenza dei settori bancario e industriale. “In Italia i settori più a rischio – spiega – di essere acquisiti da parte di operatori stranieri sono quelli che erano già deboli prima della crisi determinata dal Coronavirus. Mi riferisco a quelli del turismo, della ristorazione, di alcuni servizi professionali e amministrativi e in parte della moda. Questi comparti sono nel nostro paese più frammentati che all’estero, spesso a conduzione familiare, sicuramente non gestiti industrialmente, pensiamo, al contrario, per esempio ai grandi operatori del turismo francesi e spagnoli e tedeschi, che potrebbero venire a fare shopping nel nostro paese”.

“Il coronavirus – afferma – nella sua drammaticità sta colpendo tutte le economie allo stesso modo e anche la capitalizzazione dei mercati finanziari ha registrato un calo piuttosto similare in tutti i paesi europei (da -25% fino al – 35%). Per i nostri campioni nazionali vedo piuttosto un altro fenomeno, quello delle aggregazioni e delle fusioni con pari aziende sia italiane che europee, per un reciproco rafforzamento della situazione patrimoniale e del modello di business. Alcuni operatori bancari ad esempio, già in difficoltà nella capacità di generare ricavi, potrebbero essere indotti in tale direzione. Stessa tendenza potrebbe verificarsi nell’agro-alimentare italiano”.

“Il nostro governo – commenta Primanni – sul fronte industriale è troppo timido. Al momento abbiamo verificato solo la volontà di salvare i cosiddetti ‘tesoretti’ italiani, voler proteggere rafforzando i poteri della golden share le aziende strategiche del paese come Eni, Telecom, Finmeccanica, le quali a mio avviso, nell’ottica di una congiuntura che come dicevo accomuna tutti i paesi, hanno le carte in regola per fronteggiare questa crisi e uscirne bene”.

“Questo governo – asserisce – dovrebbe dar prova di maggiore coraggio. Dare vita a un nuovo piano industriale, di quelli che il nostro paese non fa da diversi anni, scommettendo sui migliori settori del made in Italy, del manifatturiero e su quelli che stanno dando ottima prova delle loro qualità come il tele-lavoro, la farmaceutica, il comparto dei medical device, la logistica”. “Non dimentichiamo – sottolinea – che cosa successe dopo la Seconda guerra mondiale. I nostri nonni fecero la Repubblica, la Costituzione, la nazionalizzazione delle grandi banche, la ricostruzione industriale attraverso l’Iri. E’ vero che oggi abbiamo un debito pubblico importante, ma anche allora non credo che potessimo contare su grandi risorse. E comunque l’Italia è un Paese con grande risparmio privato, oltre 4.000 miliardi di ricchezza finanziaria e 5.000 di ricchezza immobiliare”.

“Questa volta – osserva Maurizio Primanni – non avremo la necessità di nazionalizzare le banche, ma dovremo metterle nelle condizioni di supportare gli imprenditori. Sarebbe auspicabile che a livello europeo, come si è rivisto il Patto di stabilità, si intervenga anche su alcune normative che nell’immediato futuro potrebbero essere penalizzanti, penso ad esempio a Basilea 3, in condizioni normali uno strumento utile per evitare la produzione di sofferenze, ma troppo prudente in una fase di emergenza come questa”.

“Per la ricostruzione del paese – suggerisce – sarà necessario puntare su investimenti pubblici e privati, su imprenditori determinati e ambiziosi e su banche che accettino di assumersi qualche rischio in più rispetto al passato. Fare impresa infatti significa di norma assumersi dei rischi e gli imprenditori e manager che saranno ricordati nel futuro saranno quelli che oggi riusciranno a rischiare in modo profittevole”. “Si può fare e si dovrà fare – rimarca – magari prendendo spunto da quanto medici e personale sanitario stanno facendo negli ospedali in queste settimane mettendo a rischio la loro vita”.