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Fase 2: l’esperto, ‘fondo pubblico-privato per far rinascere Italia’

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Roma, 11 mag. (Labitalia) - Ubaldo Livolsi, presidente dell’associazione ‘Semplice Italia’ e della Livolsi & Partners spa, già ceo di Fininvest che condusse la quotazione in borsa di Mediaset e Mediolanum, in un’intervista con Adnkronos/Labitalia entra nel dettagli...

Roma, 11 mag. (Labitalia) – Ubaldo Livolsi, presidente dell’associazione ‘Semplice Italia’ e della Livolsi & Partners spa, già ceo di Fininvest che condusse la quotazione in borsa di Mediaset e Mediolanum, in un’intervista con Adnkronos/Labitalia entra nel dettaglio di come dovrebbe funzionare il fondo-pubblico privato indicato da più osservatori come la soluzione per far rinascere l’economia italiana. “Tutti concordano – afferma l’esperto – sulla necessità di immettere nel sistema finanziario di tutti i Paesi una liquidità di proporzioni inusitate per superare la crisi indotta da Covid-19. La manovra Cura Italia’ si muove in questo senso”.

Tuttavia “molti economisti, esperti di finanza ed imprenditori, stanno mettendo in guardia i legislatori dal pensare che questa ricetta sia la sola soluzione dei problemi economici dell’Italia. Perché se da una parte è sicuramente vero che oggi la priorità è far affluire liquidità alle imprese, lo è altrettanto che i debiti, seppur garantiti dallo Stato, una volta contratti devono avere i presupposti economici finanziari per essere restituiti”.

“C’è differenza – dichiara – fra far affluire la liquidità con l’indebitamento bancario o con l’intervento nel capitale di rischio delle aziende rafforzandone fortemente la struttura patrimoniale. Diversi contributi e commenti pubblicati sugli organi di informazione a firma di diverse personalità (tra cui, Marco Mazzucchelli, Salvatore Bragantini, Anna Gervasoni, Ubaldo Livolsi, Giuseppe Garofano) puntano sulla necessità di intervenire con forti iniezioni di capitale in alternativa al puro debito bancario. A mio avviso, l’intervento di fondi di private equity, di nuove Iri e di fondi sovrani non può essere la sola risposta e la soluzione di tutti i problemi. Può essere una parte della soluzione”.

“Prima della crisi determinata da Covid-19 – sostiene Livolsi – anche per scelte discutibili (quota 100, reddito di cittadinanza) l’Italia, a fronte dell’indebitamento più elevato della Ue in valore assoluto, presentava il tasso di crescita dell’economia più basso, rivelatore di una situazione economica ancora difficile dopo gli anni terribili seguiti alla crisi del 2008. L’Italia era ancora in convalescenza, con indici di produttività decisamente inferiori a quelli delle nazioni concorrenti”.

“La strategia – precisa – dovrà contemplare la necessità di preservare nel breve periodo la spina dorsale della nostra economia rappresentata dalle pmi, dagli artigiani, dalle partite Iva, con immissione di liquidità con contributi a fondo perduto e a debito in piccole dosi, ma anche con riduzione della parte contributiva per chi garantisce l’occupazione e alcuni strumenti innovativi quali interventi sugli affitti immobiliari, con contributi statali che si potranno rimborsare con gli utili futuri delle società e dei redditi delle persone fisiche”.

“Per le aziende – chiarisce – che dovranno avere risorse finanziarie non solo per sopravvivere alla depressione, ma anche per investire nelle nuove tecnologie, nella ricerca e nello sviluppo internazionale, si deve auspicare la possibilità di interventi come detto nel capitale di rischio. In aggiunta sappiamo come una buona parte dell’industria italiana è in mano ad imprenditori molto capaci, ma di prima generazione, che molto spesso hanno un problema di carattere successorio nelle aziende. Chi meglio di fondi di private equity, senza fine eccessivamente speculativi, può affrontare una simile situazione?”.

“Molti – spiega Ubaldl Livolsi – dovrebbero essere gli attori di questo fondo. In primo luogo lo Stato tramite la Cdp, la Sace o altro braccio del Mef, con un imponente ammontare che dovrebbe essere l’ultimo a essere rimborsato delle quote investite nel capitale del fondo. Poi gli investitori privati (istituzionali e non) che dovrebbero godere della migliore liquidation preference e possibilmente di un trattamento fiscale di favore. Invece dei bond ‘patriottici’, questa soluzione farebbe rientrare molti capitali italiani che oggi sono investiti in strumenti esteri. Altri attori: le banche che possono eventualmente convertire una parte dei loro Utp e dei loro crediti e le Fondazioni bancarie con i loro investimenti a favore del territorio e a garanzia della coesistenza sociale”.

“A questi soggetti – suggerisce – si dovrebbero unire come facilitatori, a titolo gratuito o quasi, in una sorta di comitato consultivo, le società di strategia aziendale, i cacciatori di teste, per poter organizzare negli interventi sul capitale delle singole aziende quelle sinergie necessarie per il successo delle stesse. Obiettivo: scegliere i manager migliori”.

“Il fondo – afferma – dovrà essere articolato, sia con una struttura verticale (per settore economico) sia orizzontale, ovvero per territorio con il coinvolgimento delle varie associazioni di categoria (come sindacati e Confindustria) con governance che devono privilegiare l’assenza della burocrazia e l’empowerment della struttura manageriale e privatistica dell’azienda”.