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Fase 2: Federmanager, in prossimi 12 mesi -30% fatturato e tagli a retribuzioni

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Roma, 25 mag. (Labitalia) - La crisi in corso inciderà significativamente sul mercato dei prossimi 12 mesi, tra calo del fatturato, stretta occupazionale e politiche retributive restrittive. Cambieranno anche i paradigmi di base e i manager stanno adottando "nuovi modelli di business&quo...

Roma, 25 mag. (Labitalia) – La crisi in corso inciderà significativamente sul mercato dei prossimi 12 mesi, tra calo del fatturato, stretta occupazionale e politiche retributive restrittive. Cambieranno anche i paradigmi di base e i manager stanno adottando "nuovi modelli di business" e rinforzando “le competenze personali”, sia soft che hard. Lo affermano i risultati dell’indagine condotta da Federmanager su un campione di oltre 10 mila manager dell’industria e dei servizi, realizzata dall’Osservatorio 4.Manager nel mese di aprile 2020: il 15,8% appartenenti alla fascia top management, il 39,8% direttori dipartimentali, il 36,2 middle management e il 7% professional.

"La ripresa del Paese passa attraverso le competenze e i manager non si tirano indietro, anzi sono in prima linea nella gestione della crisi, pienamente consapevoli dei rischi ma anche delle opportunità che essa sta aprendo. I dati dell’indagine ce lo confermano, dovremo cambiare modelli di business, modelli organizzativi e di produzione per reagire a questa crisi senza precedenti e tornare competitivi", è il commento di Stefano Cuzzilla, Presidente Federmanager ai dati emersi dalla ricerca.

Ma quali sono le percezioni e le previsioni che i manager rivelano? Il 14,9% vede a rischio la continuità aziendale, ma la maggioranza del campione (79,3%) ha una visione più positiva e ottimistica. Diverse invece le impressioni sulla diminuzione del fatturato rispetto al mercato estero o interno. Il 59,6% ipotizza una diminuzione di oltre il 30% del fatturato estero della propria azienda e ancor più pessimistiche le previsioni relative al fatturato italiano: il 75,5% ne prevede una diminuzione. E naturalmente i dati relativi a queste previsioni sono maggiormente rafforzati nei manager che operano nelle aziende del nord Italia. Quanto alle previsioni sui livelli occupazionali, il 40% ipotizza un decremento ma quasi la metà del campione (49,5%) non prevede variazioni sensibili sulla forza lavoro.

Sulle conseguenze personali che lo scenario post-pandemico potrà far emergere il 61,6% dei manager non ritiene che il proprio impegno professionale risentirà degli effetti della pandemia da coronavirus mentre un manager su 4 suppone di esserne coinvolto con la riduzione della remunerazione o con la sospensione e ferie forzate o anche con la possibilità di licenziamento. A quali aspetti della propria professionalità i manager dedicheranno più tempo e maggiori energie per uscire dalla situazione di emergenza? Anzitutto alla ricerca di "nuovi modelli di business" (45%), a testimonianza di quanto la crisi in corso inciderà significativamente sul mercato, cambiandone i paradigmi di base.

Molto importanti anche i riscontri relativi alle altre opportunità: soluzioni per mettere in sicurezza il business e garantire la fedeltà dei clienti (42,9%), e rinforzo delle competenze personali, sia "soft" (41,9%) che "hard" (39,4%) per gestire al meglio la crisi e le problematiche che ne deriveranno. "La 'normalità nuova' che dovremo scrivere insieme ha bisogno di un approccio manageriale nell’impresa quanto nella politica", precisa Cuzzilla. "Il capitale umano sarà fondamentale nella sfida in cui tutti siamo impegnati e sarà l’unico valore aggiunto da far valere in termini di competitività per la ripartenza", aggiunge. Inoltre, l’indagine approfondisce il tema dello smart working, con circa l’80% dei manager che utilizza in modo esclusivo o parziale questa modalità di lavoro.

"E' importante far tesoro di questa sperimentazione di lavoro agile, assicurando una valorizzazione di questo strumento sia a livello normativo sia a livello contrattuale e aziendale. Eravamo in fondo alla classifica europea per diffusione dello smart working -nota Cuzzilla- ora stiamo risalendo posizioni grazie alle imprese più managerializzate, che dimostrano grande capacità di adattamento e di organizzazione. Dobbiamo seguire questo esempio e capitalizzare l’esperienza di smart working anche dopo la fine del lockdown, perché porta molti vantaggi ai lavoratori, alla società e all’ambiente", conclude.