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Ceresa (Randstad): "Approccio integrato per lavorare smart"

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Rimini, 19 ago. (Labitalia) - “Per realizzare lo smart working con successo è necessario affrontare un cambiamento organizzativo su diversi livelli e con un approccio integrato, che riguarda insieme persone, processi, spazi e tecnologie”. Lo ha affermato Marco Ceresa, ad di Randst...

Rimini, 19 ago. (Labitalia) – “Per realizzare lo smart working con successo è necessario affrontare un cambiamento organizzativo su diversi livelli e con un approccio integrato, che riguarda insieme persone, processi, spazi e tecnologie”. Lo ha affermato Marco Ceresa, ad di Randstad Italia, intervenuto oggi al convegno 'Un nuovo mondo del lavoro, nuovi modi di lavorare', al Meeting di Rimini, che ha analizzato l’esperienza dello smart working in Italia durante il lockdown e le sue prospettive future. “Da sempre Randstad – ha spiegato Ceresa – ha messo valori e cultura al centro della crescita propria e delle persone. Cerchiamo ogni giorno di fare del nostro meglio per far incontrare 'chi cerca' e 'chi offre' lavoro, fondando la relazione su un rapporto di fiducia reciproca".

"Sulla base di questo, abbiamo voluto far entrare in Randstad, nel 2016, lo smart working. Lo abbiamo fatto con cautela e in modalità 'test and learn', ascoltando la voce dei primi 'pionieri' di Randstad che hanno sperimentato questa modalità di lavoro, in un contesto non ancora maturo, in cui colleghi e manager stavano imparando cosa volesse dire lavorare in modalità smart, percependo prima di tutto quell’assenza di contatto diretto che sembrava un elemento irrinunciabile, ma allo stesso tempo toccando con mano i benefici", ha detto.

"In 5 anni le persone che potevano 'lavorare smart' sono cresciute – ha proseguito Ceresa – arrivando al 50%. Abbiamo creduto di essere sulla strada giusta e, mentre osservavamo questo trend e pensavamo a come estendere ulteriormente lo smart working ad altri ruoli, comprendendone fattibilità e impatto organizzativo, è arrivata l’ondata Covid-19. Ad oggi la totalità delle nostre persone lavora in modalità smart working in un percorso di apprendimento continuo, che coinvolge l’organizzazione, i manager, le persone. In una parola: tutti".

"Nel 2016 in Randstad siamo partiti con lo smart working – sottolinea – per diminuire l’inquinamento per gli spostamenti e per migliorare la vita dei lavoratori. All’arrivo del Covid eravamo tecnologicamente pronti, anzi la nostra produttività è aumentata. Questo fa capire che lo smart working continuerà in futuro. Occorrerà investire in baby sitter e disinvestire negli spazi per gli uffici. Bisogna avere molta fiducia nei propri lavoratori anche per aumentare la produttività".

Se lo smart working richiede un approccio integrato che riguarda persone, processi, spazi e tecnologie, secondo l'ad di Randstad Italia, "la tecnologia è il fattore necessario e abilitante affinché le persone abbiano accesso agli strumenti di cui hanno bisogno in qualunque momento".

"Ma è fondamentale anche – ha avvertito Ceresa – il ripensamento di processi, adattati alla velocità e alla dinamicità del business, tenendo conto dell’experience di chi lavora, con l’obiettivo di migliorarne i livelli di efficienza. E con lo stesso obiettivo è fondamentale ripensare agli spazi fisici passando dal tradizionale concetto di ufficio a un vero e proprio digital workplace, capace di accogliere le esigenze di un lavoro sempre più dinamico e flessibile".

"Poi ci sono le persone, la chiave di volta – ha osservato – per realizzare qualsiasi cambiamento, vero e profondo. Occorre partire da loro, facendo un nuovo 'patto' per superare l’associazione che lo smart working sia solo lavoro da remoto. Si deve interpretare come un vero e proprio percorso di trasformazione dell’organizzazione e della modalità di vivere il lavoro delle persone e pensarlo come un nuovo modo di lavorare basato sulla fiducia e la collaborazione". Dunque, secondo l'ad di Randstad Italia, occorre "agire su un nuovo 'mindset' dove la flessibilità, la responsabilità e l’autonomia trasforma le persone da ‘dipendenti’, orientati e valutati in base al tempo di lavoro svolto, a ‘professionisti responsabili’, focalizzati e valutati in base ai risultati ottenuti, alle loro performance".

"Fare smart working a un livello più profondo – ha ribadito – significa fare un ulteriore passo, lavorando sui comportamenti delle persone, promuovendo un pieno engagement per far sì che le persone sviluppino competenze come la capacità di innovare e il pensiero creativo che, unite alla conoscenza dei propri territori e dei propri clienti, li renda dei veri e propri ‘imprenditori’. A sostegno di questa trasformazione – ha concluso Ceresa – è necessaria una nuova filosofia manageriale, fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare, a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.