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Rome business school, le professioni del futuro, le competenze più richieste e la formazione su cui puntare per trovare lavoro

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Roma, 9 dic. (Labitalia) - Come trovare lavoro e mantenerlo il più a lungo possibile in una situazione di crisi globale come questa? E quali potranno essere i lavori del futuro e le competenze da acquisire? A queste domande prova a dare un contributo di risposta la ricerca curata dal Centro S...

Roma, 9 dic. (Labitalia) – Come trovare lavoro e mantenerlo il più a lungo possibile in una situazione di crisi globale come questa? E quali potranno essere i lavori del futuro e le competenze da acquisire? A queste domande prova a dare un contributo di risposta la ricerca curata dal Centro Studi della Rome business school, la business school a maggior presenza internazionale in Italia con studenti provenienti da 150 nazioni e parte del network Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta, dedicata al tema 'Employability e futuro professionale'.

La ricerca, coordinata da Valerio Mancini, direttore del Centro Studi di Rome Business School, prende avvio da un’analisi dei dei livelli di disoccupazione, in particolare tra giovani e donne, per poi analizzare le competenze e i profili professionali che si attende siano più richiesti dal mercato nel contesto della crisi da Covid-19, e che dovrà assorbire anche l’impatto del decollo dell’automazione e la cancellazione di intere categorie di profili professionali. Uno scenario questo che stravolge anche i percorsi di formazione perché possano consentire di intercettare e mantenere un lavoro di migliore qualità, meglio retribuito e più a lungo nel tempo.

La ricerca ricorda i dati Ilo: persi 495 milioni di posti di lavoro. Italia in sofferenza tra disoccupazione giovanile e dispersione scolastica. Durante la prima metà del 2020 la disoccupazione è balzata ad una media del 6,6%, con una perdita stimata di ore di lavoro pari a 495 milioni di posti di lavoro nel secondo trimestre del 2020. L'Ocse prevede che i tassi di disoccupazione potrebbero raddoppiare entro la fine dell'anno.

Nei primi mesi del 2020 in Italia occupazione in calo soprattutto per giovani e donne, con 1 giovane su 5 che rinuncia del tutto a trovare lavoro e Sicilia e Campania con il 53% inoccupato. In Italia, l’occupabilità specialmente dei giovani, nei primi 5 mesi del 2020, infatti, ha rilevato un tasso di occupazione molto negativo rispetto al 2019: rispettivamente del – 9% e – 1,6%. Confrontando il trimestre febbraio-aprile 2020 con quello precedente (novembre 2019-gennaio 2020), l’occupazione risulta in evidente calo (-1,0%, pari a -226mila unità) per entrambe i generi. Diminuiscono nel trimestre anche le persone in cerca di occupazione (-20,4% pari a -497mila), mentre aumentano gli inattivi tra i 15 e i 64 anni (+5,2% pari a +686 mila unità).

Mentre le regioni settentrionali raggiungono livelli totali di occupazione simili ai Paesi più virtuosi d’Europa, come è il caso del Trentino che conta un tasso di giovani disoccupati del 15,3% nella provincia autonoma di Trento e del 9,2% nella provincia autonoma di Bolzano, Sicilia e Campania sono entrambe del 53,6% nel 2019).

Cresce la dispersione scolastica: ogni anno la scuola superiore perde tra le 120mila e le 215mila unità e circa il 25% dei giovani abbandona con punte del 33% in Sardegna. Dal 1995 ad oggi, ogni anno la scuola superiore italiana ha 'perso' un numero di studenti che oscilla tra le 215.000 e le 120.000 unità. Il 36,7% degli iscritti in una scuola statale nel 1995, nel 2000 era fuoriuscito dal sistema educativo e mai più rientrato. Questo valore negativo tende a scendere negli ultimi anni, e nell’ultimo ciclo quinquennale analizzato (2013-2018) si attesta sul 24,7%, concludendo una serie per ora in costante diminuzione. In termini assoluti, 3,5 milioni di giovani dal 1995 al 2018 hanno abbandonato la scuola. Dal punto di vista territoriale, ed analizzando solo il quinquennio 2014-2018, è la Sardegna la regione che perde il maggior numero di studenti (33%), ma non da meno la Toscana (28.1%), la Lombardia (25,8) e l’Emilia Romagna, mentre l’Umbria risulta essere la più 'virtuosa'.

Entro il 2025 l’automazione coinvolgerà 85 milioni di posti di lavoro in 15 settori e 26 economie e potrebbe cancellare il 15% dei profili esistenti, nuove opportunità nei prossimi anni con 97milioni di nuove posizioni lavorative tra economia dell’assistenza, ai, content creation. Entro il 2025, le ore di lavoro svolte da macchine e persone saranno uguali e l'automazione sostituirà 85 milioni di posti di lavoro a livello globale nelle medie e grandi imprese in 15 diversi settori e almeno 26 economie. Allo stesso tempo sorgeranno 97 milioni nuove posizioni nell’economia dell'assistenza, nelle industrie tecnologiche della quarta rivoluzione industriale, come l'intelligenza artificiale, nella creazione di contenuti, nella green economy, nell’ingegneria e nel cloud computing.

Nei prossimi 15-20 anni circa il 14% dei lavori esistenti potrebbe scomparire a causa dei processi di automazione e un altro 32% potrebbe cambiare radicalmente man mano che le singole mansioni vengono automatizzate. Anche per queste ragioni oltre l’80% dei dirigenti aziendali sta accelerando i piani per digitalizzare i processi di lavoro e implementare nuove tecnologie; e il 50% dei datori di lavoro prevede di aumentare i livelli di automazione di alcuni ruoli all’interno delle proprie aziende. Ne consegue che il 40% delle competenze del lavoratore medio dovrà essere aggiornato per soddisfare le richieste del nuovo mercato.

Decisivo il ruolo della formazione post-laurea e l’investimento in modelli formativi ad alto contenuto tecnologico e la focalizzazione sulle soft skills. Nonostante i dati confermino l’efficacia della laurea per aumentare le opportunità di lavoro, le aziende richiederanno sempre più competenze di tipo specialistico, spesso ottenibili solo attraverso un titolo post-laurea. Infatti, ad un anno dal conseguimento del master, il tasso di occupazione è complessivamente pari all'88,6%. Un dato coerente anche con l'ultimo employment report della Rome business school, che ha rilevato come il 40% degli studenti abbia trovato un impiego prima ancora di concludere il proprio ciclo di studi in Rbs.

Maggiore è il livello di formazione della forza lavoro, maggiori saranno quindi le opportunità e migliori le condizioni salariali, soprattutto per quanto riguarda studi post-laurea e i master. A patto però di padroneggiare le risorse chiave del futuro, le cosiddette soft skills, ritenute fondamentali dalle aziende soprattutto nel contesto delle professioni emergenti, ovvero quelle in cui la crescita dei salari è più consistente, e non sostituibili dalle macchine. Tra queste, in testa la capacità di pensiero critico il problem solving, le abilità in autogestione come l'apprendimento attivo, la resistenza allo stress e la flessibilità.

In Italia, conclude la ricerca della Rome business school, una delle principali problematiche è la formazione poco focalizzata su materie di carattere scientifico (stem) e su investimenti insufficienti, mentre nei prossimi decenni diventerà decisivo adottare un modello formativo cosiddetto a T.

Si tratta di un modello basato su una linea verticale profonda e solida che definisce la professionalità della persona (ad esempio: ingegnere, ortopedico, enologo) e un’altra linea orizzontale superiore che permette alla persona di lavorare in diversi ruoli e contesti, fondendo i due concetti essenziali della multidisciplinarietà e del multiculturalismo.

"La formazione post-laurea e, nello specifico, le business school – commenta Antonio Ragusa dean e fondatore della Rome business school – svolgono un ruolo chiave nell’identificazione delle necessità del mondo del lavoro e nel fornire un supporto educativo collegato alla domanda di competenze che proviene dal mondo delle imprese Puntare su una formazione di alto profilo e di carattere specialistico come quello offerto da una business school è il miglior investimento che si possa fare per il proprio futuro".

Come dimostrano "anche i dati emersi dal nostro 'Employment report' l’85% dei nostri studenti trova un’occupazione a tre mesi dal conseguimento del diploma e registra un aumento di stipendio del 121% rispetto alla media pre-master. Nel nostro caso l’elemento che si rivela vincente è l’accento sullo sviluppo trasversale di competenze tecnico-specifiche e di soft skills insieme unite alla formazione di un mindset adatto a lavorare in contesti multiculturali per la forte caratterizzazione internazionale del nostro network".