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Coronavirus: all'aperto basso rischio contagio, studio italiano

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Roma, 20 nov. (Adnkronos Salute) - Il coronavirus resta nell'aria? E all'aperto quanto si rischia di essere contagiati? Una risposta arriva da uno studio italiano che, analizzando le concentrazioni in atmosfera di Sars-CoV-2 a Venezia e Lecce nel mese di maggio, tra la fine del lockdown e ...

Roma, 20 nov. (Adnkronos Salute) – Il coronavirus resta nell'aria? E all'aperto quanto si rischia di essere contagiati? Una risposta arriva da uno studio italiano che, analizzando le concentrazioni in atmosfera di Sars-CoV-2 a Venezia e Lecce nel mese di maggio, tra la fine del lockdown e la ripresa delle attività, ha evidenziato una bassa probabilità di trasmissione 'aerea' del contagio all'esterno se non nelle zone di assembramento.

La ricerca, pubblicata su 'Environment International', è stata condotta dall'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Lecce, dall'Università Ca' Foscari di Venezia, dall'Istituto di scienze polari del Cnr (Cnr-Isp) di Venezia e dall'Istituto zooprofilattico sperimentale della Puglia e della Basilicata (Izspb).

"Il nostro studio ha preso in esame due città a diverso impatto di diffusione: Venezia-Mestre e Lecce, collocate in due parti del Paese (nord e sud Italia), caratterizzate da tassi di diffusione del Covid-19 molto diversi nella prima fase della pandemia", spiega Daniele Contini, ricercatore Cnr-Isac. "Il ruolo della trasmissione airborne dipende da diverse variabili quali la concentrazione e la distribuzione dimensionale delle particelle virali in atmosfera e le condizioni meteorologiche. Queste variabili, poi, si diversificano a seconda che ci considerino ambienti outdoor e ambienti indoor", sottolinea Marianna Conte, ricercatrice Cnr-Isac.

La potenziale esistenza del virus Sars-CoV-2 nei campioni di aerosol analizzati è stata determinata raccogliendo il particolato atmosferico di diverse dimensioni, dalla nanoparticelle al Pm10, e determinando la presenza del materiale genetico (Rna) del Sars-CoV-2 con tecniche di diagnostica di laboratorio avanzate. "Tutti i campioni raccolti nelle aree residenziali e urbane in entrambe le città sono risultati negativi, la concentrazione di particelle virali è risultata molto bassa nel Pm10 (inferiore a 0.8 copie per m3 di aria) e in ogni intervallo di dimensioni analizzato (inferiore a 0,4 copie/m3 di aria)", prosegue Contini.

"Pertanto – osserva – la probabilità di trasmissione airborne del contagio in outdoor, con esclusione di quelle zone molto affollate, appare molto bassa, quasi trascurabile. Negli assembramenti le concentrazioni possono aumentare localmente così come i rischi dovuti ai contatti ravvicinati, pertanto è assolutamente necessario rispettare le norme anti-assembramento anche in aree outdoor".

"Un rischio maggiore potrebbe esserci in ambienti indoor di comunità scarsamente ventilati, dove le goccioline respiratorie più piccole possono rimanere in sospensione per tempi più lunghi ed anche depositarsi sulle superfici", sottolinea Andrea Gambaro, professore a Ca' Foscari, che raccomanda dunque "una ventilazione periodica degli ambienti, l'igienizzazione delle mani e delle superfici e l'uso delle mascherine".

"Lo studio e l'applicazione di metodi analitici sensibili con l'utilizzo di piattaforme tecnologicamente avanzate permettono oggi di rilevare la presenza del Sars-CoV-2 anche a concentrazioni molto basse, come potrebbe essere negli ambienti outdoor e indoor, rendendo la diagnostica di laboratorio sempre più affidabile", conclude Giovanna La Salandra, dirigente della Struttura ricerca e sviluppo scientifico dell'Izspb. Lo studio delle concentrazioni in alcuni ambienti indoor di comunità sarà oggetto di una seconda fase del progetto Air-CoV.