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Lo studio: investire in decarbonizzazione è la chiave per la ripresa

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Roma, 23 set. - (Adnkronos) - Gli investimenti in decarbonizzazione sono la chiave per la ripresa economica post-Covid in Italia a livello macroeconomico. E’ la posizione contenuta nel report “Ossigeno per la crescita. La decarbonizzazione al centro della strategia post Covid” pubb...

Roma, 23 set. – (Adnkronos) – Gli investimenti in decarbonizzazione sono la chiave per la ripresa economica post-Covid in Italia a livello macroeconomico. E’ la posizione contenuta nel report “Ossigeno per la crescita. La decarbonizzazione al centro della strategia post Covid” pubblicato oggi da Ref-E, agenzia specializzata in ricerca e consulenza per i mercati energetici, e curato da Matteo Leonardi con il supporto di una ventina di analisti tra cui Enrico Giovannini, Giovanni Dosi, Pia Saraceno, Anastasia Pappas.

Le risorse europee a vario titolo valutate complessivamente in circa 400 miliardi, di cui 209 miliardi dal piano Next Gen Eu, permetteranno – sottolinea lo studio – di innescare crescita e nuova occupazione offrendo la possibilità di mettere mano alle disuguaglianze che hanno colpito soprattutto giovani e famiglie monoreddito e acuite con la crisi Covid, e allo stesso tempo indirizzare la crisi climatica. A patto, però, che si scelga di scommettere sulla decarbonizzazione, superando le fragilità del sistema decisionale e tracciando una strategia coerente e solida nel tempo, capace di innescare l’effetto moltiplicativo degli investimenti privati.

“Dobbiamo ricordarci – sottolinea Enrico Giovannini, portavoce di Asvis e uno degli autori del report – che lo strumento messo in campo si chiama Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Parlare solo di ripresa ci fa dimenticare come anche la resilienza da futuri shock deve essere il nostro elemento guida. Se assumiamo questo punto di vista si capisce come serva un Piano con una visione sistemica per il futuro, non possiamo affrontare i problemi in maniera settoriale”.

Questo lavoro, spiega Matteo Leonardi, senior advisor sulle policy per la decarbonizzazione, “dimostra in maniera sistemica come la decarbonizzazione offra un’opportunità di rinnovamento del sistema produttivo italiano tale da recuperare gli impatti della crisi e superare lo stallo dell’economia nazionale pre-Covid. Abbiamo realizzato un report a supporto dei decision-maker per fondare la ripresa sul solido pilastro della decarbonizzazione, una dimensione che solo se supportata dalle policy permette, in linea con quanto promesso dal premier Giuseppe Conte, una ripresa solidale con le generazioni future”.

Per capire gli impatti delle diverse traiettorie, lo studio individua due scenari di ripresa partendo dai dati macroeconomici 2020: caduta del Pil dell’8,4%, crollo degli investimenti al 16% del Pil, rapporto debito pubblico/Pil arriva vicino al 160% e crollo occupazionale.

Lo scenario virtuoso vede una capacità di spesa per almeno l’80% delle risorse Ue e grazie alla coerenza delle policy sulla decarbonizzazione, è in grado di attivare gli investimenti privati nei settori chiave dell’innovazione tecnologica. L’impatto economico è imponente, con un tasso di crescita medio annuo che potrebbe mantenersi vicino al 5% per qualche anno per scendere al 3,5% nel medio termine e convergere nel lungo termine su livelli vicini al 2%. Tale traiettoria è in grado di sostenere la transizione energetica e generare le condizioni per il rientro del debito. Il buon utilizzo dei fondi comunitari aumenterebbe il Pil del 30% entro il 2030 e il tasso di occupazione dell’11%, con un forte miglioramento delle opportunità per i più giovani.

Nello scenario conservativo si riesce a spendere solo parte delle risorse Ue, il 50%, in un contesto di riluttanza del settore privato all’innovazione a fronte di una policy per la decarbonizzazione incerta. Il risultato è un rimbalzo del Pil parziale: solo nel 2024 si riesce a tornare ai livelli del 2019 e raggiungere solo nel 2030 i livelli pre-crisi 2008. Il tasso di crescita converge poco sopra l’1% nel lungo periodo, Il rapporto debito Pil non recupera ancora al 2030 i livelli pre crisi Covid rimanendo superiore al 140%. Alla fine del decennio il nostro tasso di occupazione sarebbe ancora lontano dalla media europea.

“I dati da noi elaborati – spiega Pia Saraceno, presidente Ref-E – ci mostrano anche un significativo impatto sull’occupazione nello scenario virtuoso. L’aumento dei posti di lavoro porta il tasso di occupazione per la popolazione in età attiva dal 57% del 2020 al 68% nel 2030, ancora inferiore alla media europea ma con un forte miglioramento delle opportunità per i più giovani”.

Più difficile far rientrare il rapporto debito-Pil, sebbene si potrebbe rientrare ai livelli pre-Covid prima del 2030, non si riuscirebbe a raggiungere i livelli pre-crisi finanziaria del 2008. Dal punto di vista degli investimenti, la riduzione del grado d’incertezza delle politiche sulla decarbonizzazione riuscirebbe ad attivare un volume significativo d’investimenti privati, altrimenti strutturalmente frenati non solo dalle problematiche di liquidità a seguito del lockdown, ma anche dall’incertezza sulla direzione della politica economica e in particolare delle scelte per la transizione energetica.

Lo studio individua cinque aree di riforme chiave necessarie per un piano sistemico di decarbonizzazione che sappia rilanciare l’economia: fiscalità (con l’introduzione di un prezzo minimo del carbonio a parità di gettito, eliminazione dei sussidi ambientalmente dannosi, e delle ambiguità nei meccanismi d’incentivazione rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione, bonus auto ed efficienza energetica); finanza sostenibile (coincidenza della tassonomia verde per indirizzare risorse pubbliche ed investimenti privati, emissione green bond).

E ancora: economia circolare (sostegno alle Pmi, meccanismi di promozione ai beni circolari, ecobonus legato a materiali riciclati, sostegno finanziario a imprese e start-up circular, strategia di supporto favorendo la misurazione, la rendicontazione e la formazione in economia circolare); domanda pubblica (potenziare la domanda di prodotti e servizi per la decarbonizzazione con il Green Public Procurement e l’adozione di Criteri ambientali minimi per tutti gli acquisti della Pa); lavoro (formazione di nuove professioni, contrattazione collettiva a supporto della transizione energetica e ambientale, creazione di posti di lavoro pubblici green).

Queste riforme, spiega continua Pia Saraceno, “emergono dalle analisi degli autori come necessarie a sostegno di una strategia coerente con gli obiettivi di decarbonizzaizone, prerequisito per attivare la leva degli investimenti privati nell’innovazione e fare ricadere il sistema nello scenario che abbiamo definito virtuoso. Non si può prescindere da un’innovazione nelle politiche e nei processi decisionali se si vuole sfruttare davvero la leva di questa occasione unica che ci è offerta oggi”

Numerose infine le proposte che emergono dai settori analizzati dal pool di esperti nelle oltre 300 pagine pubblicate. Emerge la necessità di impegnare le risorse europee in tecnologie per la decarbonizzazione in almeno tre settori dell’industria pesante chiave dell’economia nazionale (ferro e acciaio, chimica, minerali non metallici) che sono responsabili di quasi il 50% dei consumi finali di energia e del 70% delle emissioni di gas serra dell’intera industria.

È necessaria una strategia per il settore degli accumuli elettrochimici e dell’idrogeno verde, in chiave di industrializzazione in tutti i segmenti della filiera tecnologica e con l’obiettivo di supportare l’impresa italiana in maniera adeguata nell’ambito delle strategie europee sulle specifiche tecnologie, oramai sempre più parte costitutiva delle policy.

Nel settore elettrico è prioritario sbloccare il processo autorizzativo per le fonti rinnovabili e portare avanti una riforma del mercato funzionale al loro sviluppo, favorire la produzione di moduli fotovoltaici nazionali, avere una strategia per gli accumuli. Il settore trasporti rimane uno dei più critici: il report consiglia di concentrare gli incentivi per il rinnovo del parco autovetture sulle sole tipologie elettriche, dalla conversione delle flotte aziendali allo sviluppo del ‘ferro’ fino allo sviluppo del sistema di ciclabili urbane. Nel settore alimentare è fondamentale l’adozione di pratiche agricole che aumentino la capacità di assorbimento della CO2 nei suoli con pratiche di agricoltura conservativa.