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Fondazione Prada, le cere anatomiche e la visione di Cronenberg

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Milano, 24 mar. (Askanews) - Il corpo è uno dei temi che ricorrono nelle mostre di Fondazione Prada. Il corpo, soprattutto come oggetto d'indagine, della scienza come dell'arte. Si inserisce in questo filone anche il nuovo progetto dedicato alle "Cere anatomiche" de La Specola di Firenze, re-inte...

Milano, 24 mar. (Askanews) – Il corpo è uno dei temi che ricorrono nelle mostre di Fondazione Prada. Il corpo, soprattutto come oggetto d’indagine, della scienza come dell’arte. Si inserisce in questo filone anche il nuovo progetto dedicato alle “Cere anatomiche” de La Specola di Firenze, re-interpretate dal regista David Cronenberg. Una mostra complessa e sfidante, che, come già era accaduto con il Kunsthistorisches Museum di Vienna, porta negli spazi milanesi della Fondazione le collezioni di un altro museo, in questo caso quello di Storia naturale dell’Università fiorentina di cui La Specola è parte.

Al piano superiore del Podium sono presenti le tredici ceroplastiche del XVIII secolo che presentano corpi di donne di cui si svela l’anatomia per scopi scientifici. Sono teche che in un certo senso contengono e contemplano il corpo femminile, per svelarne ogni dettaglio, senza mediazione. Accanto a queste 72 disegni anatomici che fanno quasi da didascalie alle cere. Nella grande sala al piano inferiore invece il film di Cronenberg, che intorno alle cere ha costruito una sua narrazione tra il sogno e l’horror.

“Le due parole chiave – ha spiegato ad askanews Chiara Costa, Head of Programs di Fondazione Prada – sono corpo e conoscenza, unite ovviamente a scienza. Direi che questo lavoro di Cronenberg segue esattamente questa linea: lui ha studiato le cere, è rimasto molto intrigato dal loro valore artistico, ma anche dalla loro funzione didattica, e ha deciso in qualche modo con il suo film di liberare queste figure dalla loro funzione didattica e di trasportarle in un mondo parallelo. E noi di fatto ci occupiamo sempre di un’osservazione scientifica, che diventa poi artistica”.

È infatti indubbio che le cere della Specola siano oggetti d’arte che attraversano il tempo, quelle donne indubbiamente affascinanti, come la Venere scomponibile con un filo di perle al collo, che poi svela i visceri più profondi e proprio le sezioni del corpo. Lo spirito dell’operazione era chiaramente illuminista, ma le possibili implicazioni aperte da questi

simulacri della vita possono anche andare oltre l’ambito razionale. E qui si presentano, per la prima volta, al pubblico dell’arte.

“Qui c’è la grande novità anche che, al di là della scienza, questa esperienza ormai connotata come esperienza di altissimo profilo artistico e culturale – ci ha detto Lucilla Conigliello, direttrice tecnica del Sistema museale dell’Università di Firenze – viene proposta qui a Milano a un pubblico allargato e alla possibilità di una rilettura contemporanea. Noi viviamo un contesto che è strettamente di ricerca, un contesto scientifico. Però dobbiamo dar conto del valore di tutta quella che è la cultura anche del museo”.

Bellezza e biologia, scienza e psicanalisi, desiderio e morte: sono molte le sensazioni contraddittorie che la mostra può innescare, ma non si deve dimenticare che si tratta, in primo luogo, di un altro modo di usare la scienza – e La Specola è uno dei musei scientifici più antichi d’Europa – per provare a fare un ragionamento artistico più vasto, un ragionamento sull’umano, mediato dalla propria più accurata rappresentazione. E quei quattro corpi femminili possono essere qualcosa di più che i semplici oggetti di una lezione di anatomia. Se non altro perché quella anatomia è la nostra.