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Frank Gramuglia: "Faccio ridere e riflettere. Il mio unico progetto è non tornare in ufficio"

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Da impiegato in un albergo ad autore di due libri e content creator con milioni di follower: Frank Gramuglia ha raggiunto il successo grazie ai suoi personaggi un po' burberi, scorbutici e senza peli sulla lingua.

Con 1,7 milioni di follower su TikTok e oltre un milione di follower su Instagram, Frank Gramuglia è uno dei fenomeni social più interessanti degli ultimi tempi.

Sei diventato molto famoso sui social grazie ai tuoi video in cui interpreti un personaggio un po’ burbero, scorbutico, senza peli sulla lingua. Un personaggio molto divertente in cui tanti si immedesimano. Ma com’è nata la tua carriera sui social?

Totalmente a caso. Prima lavoravo in un hotel, poi con il Covid mi hanno lasciato a casa. Ho iniziato così a fare qualche video su TikTok. In realtà prima ancora ho scritto un libro. Ho anche aperto un profilo Instagram in cui pubblicavo le frasi del mio libro, ma non interessava a nessuno. Ho iniziato ad avere un po’ di seguito quando ci ho messo la faccia e soprattutto quando sono rimasto senza lavoro, perché ero a casa e avevo molto più tempo da dedicare ai social. Anche TikTok l’ho scoperto per caso e ho notato che c’erano persone che facevano milioni di visualizzazioni facendo i balletti. Mi sono detto: proviamoci, cos’ho da perdere? Ho iniziato ed è andata bene.

Come mai, secondo te, sta andando così bene? Quali sono i punti di forza dei tuoi personaggi?

Cerco di dire la verità, di far ridere ma anche riflettere. Interpreto diversi personaggi, adesso sta andando molto forte quello dell’ufficio. Molte persone si rispecchiano in lui perché funziona davvero così in diverse aziende.

I tuoi video si distinguono sui social anche perché, a differenza di molti influencer, non mostri una vita glamour, ma rappresenti le difficoltà di una vita normale.

Faccio vedere anche che vado a mangiare gratis nei ristoranti proprio perché sono un influencer, ma lo faccio per mostrare alla gente come funziona la società in cui viviamo. Quindi, anche qui, per far riflettere. C’è un sottotesto in quello che faccio.

Com’è la vita di un content creator?

È un lavoro-non lavoro 24 ore su 24, ma sicuramente molto meglio di quando andavo in ufficio o di quando facevo i turni di notte. In fondo a me non sembra di lavorare perché faccio una cosa che mi piace molto.

C’è però un aspetto negativo di questa tua nuova vita?

Il fatto che ti contatti gente che non sentivi da anni ed è difficile distinguere le persone che lo fanno solo per interesse personale da chi ci tiene davvero.

Tornando al tema del lavoro, in questo periodo molte persone lasciano il proprio impiego o praticano il cosiddetto “quiet quitting”, ovvero fare il minimo indispensabile senza lasciare che la vita lavorativa prenda il sopravvento e vada a influire eccessivamente sulla vita privata. Come vedi questa trasformazione della mentalità?

Credo che la pandemia abbia influito molto. La gente è stata a casa, ha riscoperto il piacere di non fare nulla. Chi era in smart working spesso vuole rimanere in smart working mentre le aziende vorrebbero farli tornare in ufficio. Dopo aver passato un lungo periodo senza lo stress “dal vivo” del capo e dei colleghi, tornare indietro non è facile. La pandemia poi ha anche avvicinato molte persone al mondo dei social e del digitale, si sta aprendo un ventaglio di possibilità incredibile in questo settore e in tanti dicono: ma chi me lo fa fare di andare in ufficio, magari passando un’ora in auto, quando posso lavorare online e fare più soldi?

Non pensi, però, che si perda anche qualcosa a livello umano lavorando solo da remoto, senza avere contatti con i colleghi?

Ma ben venga! Ce ne sono alcuni che è meglio perderli che trovarli

Oltre al tuo primo libro, che abbiamo citato prima, ne hai scritto anche un secondo, “Lavorate voi”, che è uscito proprio quest’anno. Tratti sempre il tema del lavoro, questa volta attraverso un personaggio che ha una vita che non lo soddisfa dal punto di vista personale e professionale. Quanto c’è di te in questo personaggio?

Una parte sicuramente c’è, perché uno scrittore secondo me scrive sempre di se stesso, però la storia è molto romanzata. Chi legge questo libro a volte si sorprende, perché è abituato a vedere i miei video che sono sempre comici, leggeri, mentre il libro è molto più duro e profondo, c’è molta più riflessione. Non è un libro comico. C’è anche una componente erotica che in molti non si aspettano.

Questo libro può essere visto anche come una rappresentazione di una categoria, quella dei trentenni, che sono forse un po’ più insoddisfatti, più precari e meno “arrivati” dei trentenni delle generazioni passate.

È anche vero, però, che oggi ci sono molte più possibilità di imparare un mestiere e di uscire da quella situazione precaria e insoddisfacente. Fino a qualche anno fa, prima del Covid, mi chiedevo come facesse la gente a potersi permettere case, viaggi, mentre io faticavo ad arrivare a fine mese. Lo trovavo assurdo. Però crescendo ognuno può trovare la propria strada. Se ce l’ho fatta io, può farcela chiunque.

La tua strada dove ti porterà? Hai dei nuovi progetti a cui stai lavorando?

Il mio unico progetto è non lavorare. Fare video da casa mi va benissimo, partecipare a interviste ed eventi mi piace, ma non ho un progetto. Ho detto di no anche a programmi abbastanza importanti. Magari se mi proponessero un film ci penserei… ma per adesso vado avanti così. Non ho ambizioni, se non quella di non tornare in ufficio.