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Funivia Stresa-Mottarone: chi sono gli indagati per l'incidente

Funivia Mottarone

Sono accusati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesion

Luigi Nerini, 56enne di Baveno, proprietario della società che ha in gestione la funivia Stresa-Mottarone è indagato insieme all’ingegnere che la dirige e al capo operativo del servizio. Sono accusati di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire infortuni aggravato dal disastro e dalle lesioni.

Funivia Stresa-Mottarone: gli indagati

Gli indagati per la tragedia della funivia Stresa-Mottarone sono Luigi Nerini, 56 anni di Baveno, proprietario della società che gestisce la funivia, l’ingengnere direttore della struttura e un dipendente. Le accuse sono tutte molto gravi. Olimpia Bossi, procuratore capo di Verbania, ha dichiarato che i tre fermati hanno avuto un comportamento “consapevole e sconcertante“, in quanto avevano la consapevolezza del malfunzionamento dell’impianto frenante e per “evitare continui disservizi e blocchi” hanno preferito mettere a rischio i passeggeri per settimane. Erano coscienti che “l’anomalia necessitava di un intervento più radicale, di un blocco più consistente” dell’impianto. Per cercare di evitare un eventuale stop che avrebbe portato la perdita di soldi i tre avrebbero deciso di “manomettere il sistema di sicurezza“.

Nerini ha dichiarato di essere “molto provato“, ma fin da subito si era “messo a disposizione della procura di Verbania“. Domenica ha raggiunto l’impianto della funivia e ha precisato che “tutti i controlli, le verifiche e la manutenzione sono a posto“. Aveva inviato una nota per esprimere il suo cordoglio. “La società ‘Ferrovie del Mottarone quale gestore dell’impianto funivia Stresa – Mottarone esprime il proprio cordoglio e la propria vicinanza alle famiglie in questo momento di dolore” aveva scritto. Nella notte è arrivato alla caserma dei carabinieri accompagnato dal suo avvocato, per l’interrogatorio. Intanto si stava diffondendo la notizia dell’indagine nei confornti di un dipendente, accusato di aver materialmente evitato di rimuovere il forchettone che non ha permesso al freno di emergenza di attivarsi. Per il momento è in stato di fermo, in attesa della convalida del Gip.

Funivia Stresa-Mottarone: gli altri due indagati

Le altre persone fermate per l’incidente alla funivia sono un ingegnere, direttore del servizio, e il capo operativo del servizio. Le accuse sono di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e rimozione degli strumenti atti a prevenire gli infortuni aggravato dal disastro e lesioni gravissime. Nerini ha dichiarato di sentire il peso del giudizio mediatico, ma prima di tutto c’è un “dolore straziante“. L’uomo teme le conseguenze giudiziarie ma ha ripetuto ai carabinieri che la società è sempre stata “attentissima al funzionamento e alla manutenzione degli impianti“. Nerini aveva stipulato un contratto di assistenza con l’altoatesina Leitner, dalla quale aveva acquistato l’80% delle Funivie di Mottarone. Nerini ha due figli ventenni. La sua prima società gestiva autobus ed era titolare di un’agenzia di viaggi. Poi ha venduto tutto per dedicarsi alle funivie.

Funivia Stresa-Mottarone: gli interessi con la Leitner

Nerini aveva acquistato l’80% delle Funivie di Mottarone dalla Leitner e aveva cambiato il nome in Ferrovie, rilevando poi anche l’altro 20%. Quattro anni fa la multinazionale dei Seeber aveva in pegno la società. Un anno dopo aveva stipulato il contratto con cui Nerini aveva affidato la manutenzione della funivia agli altoatesini. “Un canone annuo di 150mila euro” ha dichiarato Pasquale Pantano, il suo avvocato, che ha ricordato la ristrutturazione dell’impianto tra il 2014 e il 2016. Nerini aveva un compenso di 96mila euro l’anno dalla sua società e di 130mila dal comune. Nel 2015 Maurizio Marrone, consigliere regionale piemontese, aveva presentato un’interpellanza per riconoscere lo stato di manutenzione. Nel 1997 le due tratte erano state tolte a Nerini dopo “grave degrado dell’impianto” e date in concessione ad un’anzienda per risanarlo.