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Ghigliottina: come fu giustiziata l'ultima vittima in Francia

Ghigliottina

La Francia chiude il capitolo sulle decapitazioni. 40 fa anni l'ultima vittima, poi la storia si mutò. In Italia l'ultima fucilazione il 4 marzo 1947.

40 anni fa moriva l’ultima vittima della ghigliottina. L’ultima esecuzione nel 10 settembre 1977, fu decapitato Hamida Djandoubi, un 27enne di origine tunisina. Finito al patibolo per aver ucciso l’ex compagna. L’orrore di quella decapitazione fu raccontato successivamente da un giudice presente nel momento dell’esecuzione.

La ghigliottina: un ricordo lasciato ai posteri

Monique Mabelly che all’epoca dei fatti, faceva parte dei team dei giudici istruttori di Marsiglia, presenziò a quell’ultima decapitazione. Sebbene, siano passati 40 anni quel ricordo nella mente del giudice è ancora limpido e chiaro, questo è quanto si evince dall’ultimo racconto. Il tonfo caduto a piombo sordo sul collo dell’uomo non si può dimenticare. In un istante tutto fu ricoperto di sangue. Il condannato che all’epoca dei fatti si chiamava Hamida Djandoubi, colpevole di aver seviziato l’ex compagna.

Grazie a quei ricordi impressi su carta, oggi conosciamo il disagio e l’impressione di quei momenti concitati. Il magistrato riportò su carta nei dettagli tutta l’esecuzione. Consegnando il manoscritto nelle mani dell’allora ministro Guardasigilli Robert Badinter, che nel 2013 lo fece pubblicare dal quotidiano “Le Monde”.

Nel manoscritto il giudice descrisse i motivi che portarono alla decapitazione di Djandoubi, accusato e condannato a morte per avere procurato volutamente la morte l’ex compagna.

Secondo quanto riportato da “Agi”, sembra che il giudice abbia avuto dei tentennamenti sulla rappresentazione fisica del giovante, tanto da descriverlo così:

“E’ giovane. I capelli nerissimi, ben pettinati. Il volto è molto bello, dai tratti regolari, ma ha il colorito livido e le occhiaie. Non ha nulla dello stupido o del bruto”.

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La ghigliottina: storia di un ragazzo diventato colpevole

Hamida Djandoubi è stato che colui che ha chiuso il capitolo sulla decapitazione. Infatti, fu l’ultimo uomo a essere ghigliottinato, nell’Europa occidentale.

Un breve sguardo verso le sue origini, ci portano a Tunisi la sua patria di origine. Il suo dramma inizia da piccolo, quando da vittima innocente subì le violenze della madre.

A 19 anni era un ragazzo come tanti, descritto come semplice e dolce, un gran lavoratore con la qualità di essere onesto. Un bel ragazzo dai modi garbati, tanto da spalancare al primo sguardo i cuori delle donne.

Un grave incidente lo colpi nel 1971, fu vittima della motozappa che gli massacro una gamba. Da allora la sua vita cambio, tanto da dichiaralo al processo.

“Da quel giorno, mi sono reso conto all’improvviso che non ero più normale…e ce l’ho avuta con tutti, specialmente con le donne”.

La sua storia d’amore iniziò in ospedale. Fu allora che Djandoubi incontro l’amata Elisabeth Bousquet, 19enne. La dolce storia d’amore, bene presto si trasformò in un incubo, che si concluse nel modo che conosciamo.

Prima del fatidico evento in cui trovò la morte, Elisabeth Bousquet nel maggio del 73 denunciò il suo aguzzino, per le percosse che se subiva quotidianamente e l’obbligo a finire su strada. Costretta a prostituirsi dall’uomo della sua vita. La povera ragazza visse un solo anno tranquillo, dopo rincontrò l’uomo, e tutto prese una piega straziante.

Allora Hamida aveva instaurato una relazione con altre due donne, anch’esse costrette dall’uomo a prostituirsi. Non si sa cosa sia scattato esattamente nella mente di Hamida alla vista Elisabeth, di certo si conoscono i fatti.

La povera Elisabeth morì strangolata, ma prima fu orrendamente seviziata. Fu ritrovata in un capannone a Lançon-de-Provence, nella località di Marsiglia.

Hamida Djandoubi l’ultima notte prima di finire sulla ghigliottina

Il 25 febbraio 1977, Hamida fu condannato per l’omicidio di Elisabeth Bousquet alla pena capitale. Fece ricorso in Cassazione, ovviamente senza successo. In seguito, precisamente il 10 settembre fu ghigliottinato.

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Gli ultimi momenti di vita vengono portati alla luce da Jean Goudareau, che in questa storia, riveste la parte dell’avvocato del condannato.

Il racconto parte dal momento in cui il tunisino ha aperto gli occhi, intorno alle 4:00 di quel mattino che sarebbe stato l’ultimo, prima di finire sul patibolo. Momenti lunghi e silenziosi in cui Hamida mette la protesi alla gamba persa da tempo, e in un silenzio cupo viene condotto in un cortile dentro la prigione delle Baumettes di Marsiglia.

“C’è un silenzio particolarmente angoscioso, – racconta l’avvocato Jean Goudareau – malgrado ci sia circa una trentina di persone attorno al condannato. Il tutto dura circa quaranta minuti. E’ decisamente troppo lungo e insopportabile”.

Il boia si dal nome di Marcel Chevalier. Svolgeva tale “attività” dal 1958, benché facesse il tipografo a tempo pieno. Fare il boia, allora era un lavoro come un altro, tanto da pensare di far succedere il figlio Eric in qualità di apprendista. Un mestiere che come tanti veniva tramandato da padre in figlio.

La ghigliottina: stralci di storia

La Francia chiude il capitolo sulle ghigliottine con l’esecuzione di Hamida. Tra il 1976 e il 1977 prima del tunisino fu la volta di Christian Ranuccie e Jérome Carrein, condannati entrambi per la morte di una bambina.

Successivamente fu François Mitterrand a battersi per l’abolizione della ghigliottina, che si concretizzo con la legge del 9/10/1981. Del resto, ormai il popolo stanco (forse) inorridito all’idea delle esecuzioni. Infatti, in alcuni casi dopo la decollazione si manifestavano segni particolari. Riflessi che influenzarono non poco l’opinione pubblica.

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Tanto che nel febbraio del 2007, il presidente Jacques Chirac decretò che nella Costituzione fosse inserito l’abolizione della pena capitale vietando la condanna a morte.

La Spagna nel 1978 abrogò la pena capitale, mentre la Gran Bretagna emanò un provvedimento per abolire la pena di morte nel 1998. In Germania la pena capitale fu abolita nel 1949.

La pena di morte in Italia

In Italia con entrata in vigore della Costituzione italiana nel 1948 venne abrogata la pena capitale. Tuttavia, l’ultima esecuzione derivante da delitti comuni, fu una rapina commessa il 20 novembre 1945, i colpevoli della strage di Villarbasse (Torino), furono condannati a morte.

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A quei tempi, la grazia per evitare la fucilazione fu respinta dal capo della Stato Enrico De Nicola. Francesco La Barbera, Giovanni Puleo e Giovanni D’Ignoti furono condannati per l’atroce massacro di ben 10 persone, buttate ancora vive in una cisterna. Furono fucilati e giustiziati per quel massacro il 4 marzo 1947.