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Green Pass falsi, la polizia scopre uno studente legato agli hacker russi

Il tetro logo usato dall'hacker

Green Pass falsi, la polizia scopre uno studente legato agli hacker russi: raccoglieva richieste su Telegram e poi le girava ai "colleghi" dell'est

Green Pass falsi ed insospettabili autori, la Polizia di Stato di Genova scopre uno studente laziale legato agli hacker russi: l’indagato aveva ricattato una modella di Genova che voleva andare in palestra. Secondo quanto spiegato dal comunicato della polizia il giovane usava le sue abilità informatiche per vendere certificazioni verdi false e in collaborazione diretta con hacker russi. 

Studente legato agli hacker russi: la modella No Vax e il ricatto

La modella genovese che aveva innescato le indagini aveva intuiti di essere vittima di un ricatto. Perché? Perchè la ragazza, contraria al vaccino e desiderosa di mantenersi in forma, aveva cercato una scappatoia illegale e l’aveva trovata nel giovane: aveva inviato i propri documenti e la somma richiesta, “ma l’attesa dell’agognato documento risulta vana e la giovane realizza di essere finita nella trappola di uno sconosciuto che peraltro, minacciando di denunciarla, inizia a ricattarla e a pretendere altro denaro”. 

I genitori credevano lo studente legato agli hacker russi fosse un talento hi-tech

In pochi mesi l’indagato era riuscito ad “incassare 20 mila euro, investiti in parte in criptomonete e in parte spesi in prodotti hi-tech di ultima generazione, capi di abbigliamento, prodotti di bellezza”. Ed era perfino lodato dai suoi ignari genitori, che in lui vedevano un intraprendente piccolo imprenditore che piazzava videogames invece che un criminale che cavalcava “l’onda” degli umori No Vax e No Green Pass del paese. 

La sezione Financial Cybercrime  e la “tana” allo studente legato agli hacker russi

La modella comunque aveva sporto denuncia e il Compartimento Polizia postale e delle comunicazioni “Liguria” di Genova si era messo in azione. La sezione Financial Cybercrime aveva trovato lo spot in un appartamento nel Lazio, quello dove viveva il giovane. L’indagato che gestiva direttamente i canali Telegram su cui erano offerti in vendita i certificati contraffatti, poi “dopo aver ricevuto la richiesta dell’utente comunicava i dati al ‘collega’ hacker russo e questi forniva le indicazioni su come procedere al pagamento”.