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Mar Rosso, perché si chiama così? La suggestiva origine del nome

storia mar rosso

La Riviera del Mar Rosso è una lunga zona costiera piena di splendide spiagge. Scopri l'origine del suo nome.

Distese d’acqua che lambiscono le coste di Giordania, Israele, Yemen e Arabia Saudita a est e, a ovest , di Eritrea, Gibuti, Sudan ed Egitto, trovando a settentrione due insenature, in corrispondenza della penisola del Sinai, coincidenti con il golfo di Aqaba a oriente e quello di Suez a occidente, omonimo canale, è il Mar Rosso, ecco perché si chiama così.

Mar Rosso: perché si chiama così

Conosciuto già dai Greci come “Erythra Thalassa” (tutte le parole che si riferiscono alla colorazione del sangue hanno come prefisso “eritro-“) e corrispondente al latino “Mare Rubrum”, probabilmente il Mar Rosso deve la sua nomea alla pigmentazione di un’alga maculata, chiamata “Trichodesmium erythraeum” o “segatura di mare” per la sua consistenza, che nel pieno del suo sviluppo ha una colorazione rossastra tendente al marrone, dovuta all’alta concentrazione di caroteni e clorofilla.

Questa però non è prerogativa esclusiva del Mar Rosso, poiché tale caratteristica si riscontra in altri luoghi, tra cui alcune zone dell’Australia. Essa prolifera principalmente sulla costa, ore diurne comprese contrariamente ad altri organismi, in acque carenti di principi nutritivi e tendenzialmente stagnanti, a basse profondità (un centinaio di metri) dello strato di rimescolamento e a temperature tra i 20 ed i 34 °C, ragion per cui tale specie si trova in prossimità delle zone tropicali. Tutto ciò avviene a danno di altre specie marine, poiché ne favorisce la morte per il rilascio di sostanze tossiche, e a discapito dello stesso genere umano, con contaminazioni per via sia indiretta che diretta (facendo due esempi per tipo, basti pensare al nutrirsi del pescato locale ed all’utilizzo dell’acqua ad alto riscontro di “Trichodesmium erythraeum”). Ma è proprio a causa della mano dell’uomo che il fenomeno è degenerato: l’inquinamento determinato da fabbriche e industrie, insieme alle piogge intense, incoraggiano la riproduzione di questa specie.

Una riflessione a tal proposito: il visconte Ferdinand de Lesseps fece costruire il canale di Suez e dal suo nome deriva l’espressione “migrazione lessepsiana”, che descrive proprio l’entrata e la colonizzazione di fito-plancton e zoo-plancton dal Mar Rosso nelle nostre acque, compreso quest’organismo. Fermo restando che le specie sub-tropicali ben si adattano ai luoghi temperati, ma in linea di principio non vale in contrario, può esistere il rischio che il bacino del Mediterraneo possa diventare anch’esso rosso per lo stesso motivo?

Il Mar Rosso nelle Sacre Scritture

È doveroso precisare che in questo episodio si parla di “Yam Suph”, espressione ebraica che si traduce come “mare delle canne”: tuttavia, esso viene identificato con il Mar Rosso, poiché esso si trova in prossimità del delta del Nilo, tanto che nelle traduzioni, pur non menzionandone le caratteristiche cromatiche, viene chiamato proprio in questo modo. Abitanti nella terra di Goshen e resi schiavi, gli Ebrei furono condotti fuori dall’Egitto sotto la guida di Mosè in seguito alle piaghe inflitte da Dio agli oppressori, ma il faraone, pentito di averli lasciati andare, li fece inseguire.

Le acque di questo mare si aprirono per permettere al “popolo eletto” di camminare sull’asciutto, richiudendosi a completamento del loro passaggio e provocando la morte dei persecutori. Qualcuno ha tentato di dare una spiegazione al fenomeno, ipotizzando che ciò sia avvenuto in un’area particolare, chiamata “Lago di Manzala”, corrispondente alla città di Tanis descritta da Erodoto ed ai confini dell’Egitto, per mezzo di correnti orientali che avrebbero separato le acque.

Il Mar Rosso nella “Divina Commedia”

Se nel testo biblico originale tale denominazione non si trova, si riscontrano, invece, alcuni riferimenti nelle opere di Dante: significa che egli era a conoscenza di questa peculiarità cromatica. Nell’Inferno al canto XXIV, trovandosi nella bolgia dei ladri insieme a Virgilio, usa proprio l’espressione “Mar Rosso”, per comunicare che serpenti più terrificanti di quelli descritti non erano stati visti mai neanche in Africa.

Invece nel Paradiso, al verso 79 del Canto VI lo chiama “lito rubro”, probabilmente per rispettare lo schema stilistico della rima incatenata, in riferimento alle valorose imprese di Ottaviano ed all’importanza dell’aquila come simbolo del nascente Impero romano. È facile, pertanto, comprendere come il nome “Mar Rosso” rispecchi l’aspetto effettivo di quest’area e il modo in cui esso abbia stimolato cuori e menti di uomini di fede, scienziati e scrittori.