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Dario Fo: il nobel, la biografia e i libri del drammaturgo italiano

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Dario Fo è stato un protagonista dell'orizzonte artistico italiano del Novecento. L'arroganza dei potenti è stata il principale bersaglio della sua sferzante ironia.

Dario Fo, moderno giullare che reinventò la recitazione teatrale per prendersi gioco dei potenti, è stato uno dei più grandi e versatili artisti italiani del ‘900. Uomo di teatro, attore, regista e autore, insegnò a fronteggiare il potere con le taglienti armi dell’arte, della comicità e del riso.

La biografia di Dario Fo

Dario Fo nasce a Sangiano, in provincia di Varese, nel 1926 da padre ferroviere e madre contadina. Dalla sua terra accumula le fantasie antiche dei fabulatori, che porta con sé quando, giovanissimo, si trasferisce a Milano. Nel capoluogo lombardo frequenta l’Accademia di Brera e studia architettura al Politecnico, dove coltiva un particolare interesse per le chiese romaniche. Tuttavia, abbandonò l’Università prima della laurea ma, per ironia della sorte, durante la sua maestosa carriera si vedrà conferite numerose lauree honoris causa.

È in questo periodo che Dario inizia a inventare storie e a recitarle, sfruttando le sue doti nell’improvvisazione. Si tratta di provocazioni, vicende che sfidano il conformismo e l’arroganza del potere. Dal 1952 comincia a collaborare con la Rai, per cui scrive e interpreta monologhi grotteschi passati in radio. Nel 1959 forma con la moglie Franca Rame una compagnia teatrale, che mette in scena un discorso politico, di aspra critica sociale. Per questo, le performance vengono costantemente soggette a censure da parte delle istituzioni allora vigenti.

Nel 1955 nasce il figlio Jacopo. Dario Fo compare anche in televisione, nella trasmissione Canzonissima e in uno sketch sulle speculazioni edili che provoca nuovamente la reazione della censura. Durante gli anni ’60 inizia a instaurarsi in lui l’idea che la grande ricchezza culturale del popolo debba tornare al popolo stesso. E così Fo ne diventa il giullare, sostenitore del movimento rivoluzionario proletario.

Gli anni del successo teatrale

Dopo una breve esperienza cinematografica come interprete e co-sceneggiatore, nella stagione teatrale 1969-1970 va in scena “Mistero buffo”, probabilmente la sua opera più famosa, che rievoca le origini della cultura popolare. Il testo riscopre il parlato medievale, ottenendo il cosiddetto “Grammelot”, un linguaggio fortemente espressivo fatto di costruzioni antiche e neologismi e accompagnato da una mimica esasperata.

Nell’ottobre del 1970, Dario Fo costituisce il “Collettivo Teatrale la Comune”, con cui propone un circuito culturale alternativo che vada a contrapporre ai valori della borghesia quelli ben più meritevoli del popolo. Lungo gli anni 80 e 90 le commedie di Fo girano i teatri di tutto il mondo, tanto in Europa quando in America. Le sue opere continuano a essere provocatorie e a incidere sulla realtà, trascinando l’autore in numerose situazioni conflittuali.

Dopo la morte della moglie Franca, avvenuta nel maggio 2013, Dario Fo continua appassionatamente la sua attività artistica seppur anziano. Decide di dedicarsi anche alla pittura e segue le vicende politiche, supportando le idee politiche del Movimento 5 Stelle. Dario Fo muore il 13 ottobre del 2016, alla veneranda età di 90 anni.

La consegna del premio Nobel

Il 9 ottobre del 1997 Dario Fo vinse il premio Nobel per la Letteratura, motivato dal fatto che “seguendo la tradizione dei giullari medievali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi“. La notizia della vittoria giunse all’attore mentre si trovava in automobile con la cantante e showgirl Ambra Angiolini, con cui stava girando la puntata di un programma di interviste. La trasmissione del messaggio avvenne su un foglio di carta esposto da un giornalista di Repubblica che viaggiava su una macchina adiacente.

Dario Fo approfittò della cerimonia di premiazione per lanciare una nuova invettiva contro la Direttiva sulla brevettazione di organismi viventi proposta dal Parlamento Europeo. L’assegnazione del Nobel provocò una serie di dissensi per la natura dell’arte di Dario Fo, ritenuta troppo elastica. Alcuni contestarono la possibilità di definire Fo un “letterato” o uno “scrittore” a tutti gli effetti.

Dario Fo scrittore di libri

Il drammaturgo di Sangiano è però autore di alcuni libri significativi, strettamente legati alla sua opera teatrale e al suo impegno politico e sociale. Tra essi, ricordiamo la pubblicazione da parte di Einaudi del testo di “Mistero buffo”, il più noto tra gli spettacoli di Fo. Si tratta di un testo che ha contribuito a rinnovare il teatro italiano, soprattutto nell’uso del linguaggio, reinventato dall’autore attingendo dai dialetti del Nord Italia parlato tra i secoli XIII e XV.

Nel 2014 Dario pubblica il suo primo romanzo, intitolato “La figlia del papa”. Il racconto è ispirato alla vita di Lucrezia Borgia, protagonista del Rinascimento italiano e figlia di papa Alessando VI. Fo cerca di restituire l’aspetto umano del personaggio, troppo spesso presentato come donna incestuosa e dissoluta. La riproduzione del contesto storico di allora diventa lo specchio delle ingiustizie ancora in atto nei nostri tempi.

Una volta raggiunti i 90 anni, l’artista italiano prova a riflettere sui misteri della religione e della fede, con cui spesso si è confrontato durante la sua carriera. Nonostante fosse ateo, ha sempre guardato con rispetto e curiosità il sacro, trattato con ironia ma senza mai risultare blasfemo. Insieme alla giornalista Giuseppina Manin, Dario Fo sistema i propri conti in sospeso con Dio e tutto il contesto religioso.