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Hip Hop: danza, musica e stile di generazioni. Ecco cos'è

Hip Hop

Rap e hip hop: culture della ribellione, di esperienze della strada, di giovani che vivono ai margine delle metropoli   L'hip hop è uno sfogo,  uno sfogo dei ragazzi che si sono fatti da soli, dei ragazzi nati dalla strada. La cultura Hip Hop e tutto il movimento che ne è derivato nascono ...

Rap e hip hop: culture della ribellione, di esperienze della strada, di giovani che vivono ai margine delle metropoli

L’hip hop è uno sfogo, uno sfogo dei ragazzi che si sono fatti da soli, dei ragazzi nati dalla strada. La cultura Hip Hop e tutto il movimento che ne è derivato nascono per merito della musica rap. Sul finire degli anni’80 fu proprio Jovanotti ( Lorenzo Cherubini) che incise un disco rap anche se era ancora lontano dai parametri del movimento nascente.
Cultura che sfocia verso la metà degli anni ’90 con cantanti e gruppi tra cui ricordiamo per esempio: Neffa, gli Articolo 31 e il mitico Frankie Hi Nrg.
Gente della strada che si aggrega e per cui l’hip hop non si limita ad essere solo musica ma un movimento di aggregazione, in cui l’hip hop ha una mera funzione sociale, che innesca legami e che porta a stringere vere amicizie.

Non solo musica, non solo un look: ma molto di più, spiccano il freestyle e la breakdance, e poi ancora il writing e la magica beatboxing, anche se non ancora molto diffusi in Italia, assistiamo al fenomeno di gruppi di giovani che si riuniscono per ascoltare musica, per ballare e per creare coreografie dei loro brani preferiti.

Hip hop è danza: L’hip hop diventa un vero e proprio stile di vita, e questo lo sa bene Simone Sedevcic, ragazzo che abita a Foligno e che insegna le discipline nate dal hip hop. Risalendo alle prime feste del genere vediamo che sbocciano in un ambiente violento, isolato, socialmente in disagio.

Un epoca in cui la discoteca stava perdendo campo e andava sempre meno di moda, epoca in cui proporzionalmente alla chiusura delle discoteche aumentavano le feste private con alla base tanta voglia di rigenerarsi, di reinventarsi, di comunicare.

“I giovani dei ghetti hanno trovato un nome, Hip hop, con cui indicare i diversi stili della bracking e i disparati ritmi della rap music” , queste le parole di Claudio Gatti nel suo saggio Dalle gang di strada alla cultura hip hop del 1983.

Nascono i graffiti tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70. I movimenti di aggregazione crescono e in parartelo crescono i murales, i ritrovi di break breakdance, e di beatboxing.

I disegni rappresentati dai writers non hanno identità, né colore, né classe sociale: sono persone multicolori che vivono una metropoli indefinita dove gli stili e le culture si fondono all’unisono.

Uno stile che ben identifica Little Phil: “È una cultura che è arrivata dalla strada, una cultura nata negli Stati Uniti, per aiutare la gente ad evitare problemi, perché in America, che è molto pericolosa di questi tempi, c’è gente che spara, gente che ruba e questo movimento si è creato proprio per evitare di ritrovarsi nei guai, di finire in prigione, morti o drogati. Attraverso questa cultura è stato possibile trasformare le energie negative dei giovani violenti in sfogo positivo e creativo, provando a mettere tutta la rabbia nella musica e a trasformarla in energia nella danza, nei graffiti, nel rap. Piuttosto che far male alle persone, questi street dancers hanno imparato a guadagnarsi il rispetto con la danza. È questo che ha reso l’hip hop così famoso. “