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Il caso Milanetto: quando il mercato lo fanno i tifosi

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A questo punto si può davvero dire che in quel derby dell’8 maggio abbiano perso tutti: la Sampdoria, che con quella rocambolesca sconfitta ha di fatto conosciuto la retrocessione, Mauro Boselli, cui quella prodezza isolata è servita per entrare nel cuore dei tifosi ma non per strappare la con...

Milanetto

A questo punto si può davvero dire che in quel derby dell’8 maggio abbiano perso tutti: la Sampdoria, che con quella rocambolesca sconfitta ha di fatto conosciuto la retrocessione, Mauro Boselli, cui quella prodezza isolata è servita per entrare nel cuore dei tifosi ma non per strappare la conferma in rossoblù, ma pure Omar Milanetto, comunque protagonista negativo di quel derby, ed il Genoa tutto. La cessione del regista al Lugano, società controllata dal presidente del Grifone Enrico Preziosi, rappresenta infatti l’ennesima pagina nera del pallone italiano e delle intromissioni che questo è costretto a subire ad opera dell’universo tifoso.

Così pochi giorni dopo la serataccia di Verona, quando per fortuna solo una minoranza, ma comunque fastidiosissima, di tifosi dell’Hellas non ha creduto alle proprie orecchie sentendo il coro di Mandorlini eleggendo il tecnico ad idolo incontrastato (scommettete che anche in caso di pessimi risultati sportivi la curva non contesterà mai l’allenatore durante la prossima stagione?), gli incroci tra tifo cieco e questioni tecniche danno vita ad un altro spiacevole episodio. In cui hanno sbagliato tutti: il giocatore, apostrofando negativamente la gradinata nord a derby finito, ma pure la parte più calda ed intransigente del tifo rossoblù che si è arrogata il diritto di non perdonare (seppur dopo abbondanti scuse), che non dovrebbe essere concesso a nessuno su questa terra, figurarsi a chi popola gli stadi per questioni di semplice fede calcistica, e che si affeziona ad un giocatore per poi mollarlo appena gioca male.

Ma il rimedio è stato peggiore del buco: la cessione rappresenta infatti un preoccupante segnale di resa da parte delle società, sempre più sotto scacco di chi abbonandosi si sente in diritto di decidere il cast degli attori che dovranno esibirsi durante l’anno. Tu mi offendi? Io ti faccio fuori. Né il balletto mediatico del presidente Preziosi, che ha provato una tenue difesa del giocatore, è servito per allentare la tensione. Giocatore che si è a sua volta supinamente piegato a firmare per una squadra della Serie B elvetica, accettando una legge non scritta che impone come prima regola di comportamento quella di non offendere chi, però, è il primo a farlo se sbagli un gol a porta vuota. Non si tratta ovviamente della prima volta: si pensi al caso Stankovic, il cui acquisto fu letteralmente bandito tre anni fa dalla tifoseria juventina. Niente di nuovo, dunque, ma neppure alcun tentativo di invertire la rotta: d’altronde è forse impossibile perché in Italia il calcio è pur sempre la cosa più importante tra quelle meno importanti e c’è chi di tifo ci campa. Ma questa volta si è andati oltre imponendo la cessione di un indesiderato. Fabio Capello ha sostenuto due anni fa che il calcio italiano è in mano alle curve: tutto vero. Ma chissà perché non l’ha detto quando lavorava nel Belpaese…