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Il conduttore di Greta non se la prenda ma sono quelli come lui che legittimano i molestatori

Il momento della molestia

Giorgio Micheletti, il conduttore da studio di Greta, non se la prenda ma sono quelli come lui che anche senza volerlo poi legittimano i molestatori

Si scrive “non prendertela”, si legge “cosa vuoi che sia, pivella”, o quanto meno è uno dei possibili modi di leggerla, e a contare che la prima lotta contro certe sconcezze fonda proprio sulla cassazione di ogni equivoco la cosa è grave assai. Perché dietro il mantra camomillo del conduttore in studio che ha assistito in diretta alla molestia sessuale esplicita messa in atto contro Greta Beccaglia non c’è affatto certezza che si celi l’endorsement camerata e tamarro di specie, ma c’è la certezza certissima che anche solo a suggerirla quella lettura si è fatto un danno più grosso della mano sul culo lasciata cadere dal tifoso pitecantropo in questione.

Non se la prenda il conduttore, ma la “pezza” del paternalismo tattico non regge mica

Giorgio Micheletti l’ha buttata in paternale con nouances minimal e ha spiegato che c’era la pressione psicologica di una diretta da gestire, ma Micheletti forse ignora due cose due: che un qualunque padre da Merano a Lampedusa, di fronte ad una scena del genere, avrebbe si chiamato i carabinieri, ma per porgere loro i polsi stanchi di legnare. E forse ignora anche che gestire una faccenda delicata con freddezza non significa mandarla in abbrivio anarchico, ma prenderne le redini con l’autorevolezza di un ruolo tecnico ed etico al contempo.

Come quando i figli vengono su bulli: non se la prenda il conduttore ma è un po’ quello che ha fatto lui

La faccenda è un po’ come quella di quando ce la prendiamo con i figli bulli e poi per tutta la vita non abbiamo fatto altro che ruttare insulti ai semafori davanti a loro. Di chi è colpa, dei pargoli che poi sfasciano la mandibola del compagno di scuola o di chi a scuola, la prima delle scuole, non ce li ha mai mandati? Ovviamente non ce la giochiamo troppo di iperbole su una faccenda così maledetta e sappiamo benissimo che la responsabilità del un gesto criminale di un adulto è e resta dell’attore, ma sappiamo che sia la norma che l’etica sono figlie della terra grassa che le concima o del deserto che le stronca. Ed è per questo che ci ritroviamo a centellinare questa offerta duplex di inciviltà: quella di chi ha molestato la giornalista e quella di chi a quelle molestie non ha opposto una valanga di improperi contro il macaco e l’invito secco a troncare il collegamento e chiamare immediatamente i carabinieri.

Combattere la violenza sulle donne è un’altra cosa, perciò non se la prenda il conduttore e chi “lotta” solo sui social

E di farlo con buona pace del calcio, delle circostanze e di tutto il ciarpame dialettico e prog che solo qualche giorno fa tutti shiaffavamo sui social con annesso foto figa di scarpe rosse e panchine cremisi e meme zen con volti inermi e illividiti e pugni nodosi in primo piano. Perché quei pugni pieni di nodi hanno nocche strette e vene gonfie di brutalità anche quando la mano è aperta e cerca sorniona ed ebete il corpo di una donna che il suo corpo non te lo vuol concedere. Perché il problema non è abbassare il numero dei molestatori ma alzare quello di coloro che ai molestatori fanno la guerra. E perché difendere le donne non significa difendere una categoria, caro conduttore, ma difendere la sola umanità che vogliamo abiti in questo mondo.