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Il medico di Micheal Jackson si difende dall'accusa di omicidio

conrad murray

Conrad Murray, medico del cantante accusato di aver somministrato a Jackson delle cure letali, ha rilasciato un'intervista per riscattarsi e svelando la sua verità Sono passati 7 anni da quando quel 25 Giugno 2009 il re del pop Micheal Jackson se ne è andato. Oggi ha deciso di parlare il suo me...

Conrad Murray, medico del cantante accusato di aver somministrato a Jackson delle cure letali, ha rilasciato un’intervista per riscattarsi e svelando la sua verità

Sono passati 7 anni da quando quel 25 Giugno 2009 il re del pop Micheal Jackson se ne è andato. Oggi ha deciso di parlare il suo medico, incriminato per la morte del cantante ed uscito dal carcere dopo aver scontato la pena. Non si è arreso a quel verdetto e chiede giustizia Conrad Murray, che ha rilasciato un’intervista alla rivista di Alfonso Signorini raccontando la sua versione dei fatti. Condrad sostiene: “Hanno voluto che fossi io il capro espiatorio per la morte di Michael Jackson. Nei giorni precedenti alla sua scomparsa Michael ballava sei ore al giorno e non si alimentava. Era un uomo di 50 anni in uno stato di spossatezza estrema. Era completamente insonne. Quella sera mi aveva chiamato per aiutarlo a prendere sonno visto che, a forza di non dormire, stava impazzendo. Io gli ho somministrato un sonnifero leggero. Non può essere morto per quella sostanza. In realtà Michael era dipendente da un forte antidolorifico che gli prescriveva di nascosto un altro medico.

Ha avuto un arresto cardiaco procurato da questo farmaco, lo stesso che ha ucciso Prince. Ma tutto questo al processo non è venuto fuori, perché era più facile incastrare me, il suo medico.” Munray ha scritto un’autobiografia che verrà distribuita prossimamente, in cui spiega che cosa è realmente accaduto secondo lui, avanzando con fermezza l’ipotesi che la famiglia di Micheal Jackson abbia creato tutta questa farsa al solo scopo di ricevere il risarcimento. L’uomo ha concluso così: “Hanno preferito incastrare me perché dal momento in cui fossi stato dichiarato colpevole la famiglia avrebbe potuto rivalersi sulla casa di produzione che mi aveva assunto e chiedere un indennizzo milionario”.