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Il Mostro di Cleveland: la storia delle ragazze stuprate

Mostro cleveland

L’agghiacciante vicenda delle tre ragazze americane rapite e tenute rinchiuse per circa 10 anni. Nessuno si era mai accorto di nulla.

In molti ricorderanno la storia delle ragazze di Cleveland, trovate segregate in un casa e liberate dopo 10 anni di violenze sessuali, a seguito delle quali una di loro aveva avuto una bambina. Le ragazze furono trovate la sera di lunedì 6 maggio del 2013, nel quartiere residenziale di Tremont, nella città dell’Ohio.

Il Mostro di Cleveland

Un uomo di nome Charles Ramsey, lavapiatti in un ristorante, tornato da un McDonald’s dove aveva appena comprato la cena, sentì le urla di una donna provenire da un’abitazione vicina alla sua. Era già in pigiama e ciabatte, ma decise comunque di uscire casa e di avvicinarsi alla porta da dove aveva sentito l’urlo. Arrivò a una porta chiusa che qualcuno aveva cercato di scardinare, oltre la quale si trovava una giovane con in braccio una bambina che chiedeva di essere liberata. L’uomo disse di aver pensato a un caso di violenza domestica, ma non poteva immaginare a che cosa si sarebbe arrivati dopo la sua scoperta.

L’aiuto dei vicini

In seguito arrivarono altri vicini, che aiutarono Ramsey a forzare la porta, facendo leva sulla parte inferiore: il gruppo riuscì a rompere l’apertura, e finalmente la ragazza e la bambina poterono uscire sane e salve. La giovane, apparsa molto impaurita, disse di chiamarsi Amanda Berry: era scomparsa il 21 aprile del 2003, poco prima di compiere 17 anni, mentre rincasava dal ristorante dove lavorava. Di lei si erano perse completamente le tracce. Il suo sequestratore, Ariel Castro, 52 anni, portoricano, autista di scuolabus, non si trovava fortunatamente nell’abitazione, al momento del ritrovamento della ragazza: proprio per la sua assenza la giovane era riuscita a chiedere aiuto e, all’arrivo degli agenti, li aveva pregati di fare in fretta a portarla via da lì – da quella casa maledetta al 2207 di Seymour Avenue – “prima che lui tornasse”.

Le altre ragazze

Appena Amanda disse a Charles Ramsey, il lavapiatti, il proprio nome, lui non pensò subito che fosse quell’Amanda Berry che si cercava da circa dieci anni. Tutti la credevano ormai morta, invece, fortunatamente, non era affatto così. La giovane aveva avuto due compagne di prigionia, trovate dalla polizia ancora legate nella casa: Michelle Knight, 32 anni, e Georgina “Gina” DeJesus, di 23 anni, rapita quando ne aveva 14, mai tornata a casa da scuola. Erano scomparse rispettivamente nel 2002 e nell’aprile del 2004. Durante quegli anni le ragazze avevano avuto ben cinque bambini, frutti delle violenze sessuali a cui erano state sottoposte dal loro carceriere, ma i piccoli non sono sopravvissuti.

I fratelli Castro

Implicati nel sequestro erano anche i due fratelli di Ariel Castro: Pedro, 54 anni, e Onil, 50, sebbene non vivessero nella casa degli orrori – orrori di cui nessuno – nemmeno chi del vicinato frequentava Ariel Castro – si era mai accorto. Le ragazze furono ricoverate in ospedale per accertamenti e furono dimesse la mattina del 7 maggio e poterono riabbracciare le loro famiglie. Purtroppo la madre di Amanda, Louwana Miller, era già morta, a causa di complicazioni dovute ad una pancreatite, nel 2006. Per cercare la figlia, che il giorno della sua scomparsa aveva detto alla sorella che avrebbe accettato un passaggio in macchina per tornare a casa, la donna si era rivolta all’FBI, che arrivò alla conclusione che la ragazzina fosse fuggita volontariamente. Una settimana più tardi, però, la famiglia di Amanda ricevette una telefonata che la portò a richiedere la riapertura delle indagini. Ma l’anno seguente la signora Berry si rivolse ad una famosa sensitiva e conduttrice di show televisivi sul tema, Sylvia Browne, la quale mise in dubbio che l’adolescente fosse ancora viva. Amanda, quando fu finalmente trovata, disse di essere consapevole che i media si fossero occupati e si stessero ancora occupando di lei: “Sono sui telegiornali da dieci anni”, spiegò.

Georgina DeJesus

Un’altra ragazza scomparsa di cui si parlò molto fu la 14enne Georgina DeJesus. Un’agente dell’FBI, Timothy Kolonick, che si era interessato della scomparsa di Amanda Berry, ipotizzò che fosse collegata a quest’ultima. Nel 2006 vennero arrestati due uomini, Matthew Hurayt e John McDonough, che vivevano nel quartiere dove si persero le tracce delle due ragazzine. L’accusa per loro era di omicidio aggravato, mossa da un collaboratore di giustizia che raccontò di averli visti seppellire Georgina nelle vicinanze delle loro abitazioni, ma poiché non furono trovati riscontri che lo confermassero, i due uomini vennero rilasciati e il collaboratore di giustizia condannato per falsa testimonianza.

La fine di Ariel Castro

La polizia, dopo aver liberato le giovani sequestrate, arrivò ad arrestare Ariel Castro – soprannominato “il Mostro di Cleveland” – e i suoi fratelli. L’uomo – che si era giustificato dicendo di non essere “una persona violenta”, ma di aver “solo” costretto le tre giovani a non lasciare la casa nella quale erano tenute prigioniere. Castro venne ritenuto colpevole di ben 937 capi d’accusa e condannato ad oltre mille anni di carcere. Aveva scontato solo un mese – in isolamento per evitare che gli altri detenuti gli facessero del male per gli orrori commessi – quando venne trovato impiccato in cella la sera del 3 settembre 2013 nella prigione dov’era rinchiuso, il Correctional Reception Center di Orient nell’Ohio.