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Insegnanti omosessuali: un italiano su tre non li vuole

Insegnanti omosessuali

Insegnanti omosessuali, secondo un'indagine di quest'oggi, un italiano su tre non li vorrebbe nella scuola per i loro figli.

Insegnanti omosessuali, una questione su cui negli anni, soprattutto in Italia, si è dibattuto molto. Sono bravi? Sono diversi? Possono influenzare i giovani studenti? Non cambia nulla? E’ giusto che insegnino? Tutte domande che gli italiani si sono fatti alla ricerca di una verità, che sembra impossibile da trovare perché una risposta giusta sembra non esserci. Eppure, nonostante finora nessuno sia riuscito realmente a dare una risposta scientifica, c’è chi si affanna pur di riuscire a rispondere prima degli altri su tale argomento.

Insegnanti omosessuali, giusto o non averli a scuola?

Secondo un’ultima indagine un italiano su tre non vorrebbe un omosessuale come insegnante sia per sé che per suo figlio. Insomma, una presa di posizione molto forte, anche se alla fine si parla di meno del 50% della popolazione. Se veramente così fosse e se realmente ci fosse una legge che impedisse a queste persone di poter esercitare la professione di insegnante, sarebbe una cosa giusta e democratica? Quanto realmente potrebbero influenzare un giovane studente e soprattutto, perché dovrebbero rinunciare ad intraprendere la carriera di insegnanti dopo aver studiato tanto per raggiungere un determinato traguardo? A tali quesiti, forse solo un sociologo o uno psicologo può dare una risposta che non sia di parte o che derivi dal proprio vissuto bensì dagli studi fatti.

Insegnanti omosessuali fuori dalla scuola: i casi

Giusto o meno dal punto di vista morale, con o senza leggi, è già capitato in passato che un insegnante omosessuale venisse allontanato dalla scuola proprio per la sua vita privata. Un caso del genere accadde in una scuola di Trento: all’insegnante lesbica fu chiesto di smentire il suo orientamento sessuale altrimenti non le sarebbe stato rinnovato il contratto. La docente invece lo confermò e per questo fu allontanata dalla scuola: secondo il giudice ci fu una discriminazione individuale e per questo motivo, l’istituto fu costretto a risarcire con 25 mila euro la docente. A dispetto dell’insegnante trentina, c’è chi invece nega pure il suo status di gay, come accaduto ad un professore di 37 anni romano che, pur di mantenere il posto ha sempre dovuto provare ad inventarsi una seconda vita. Insomma, “occhio non vede e cuore non duole“: un modo diverso ma forse meno trasparente di viversi la vita ma solo e unicamente per paura di perdere il posto di lavoro. Un altro episodio è accaduto a Perugia dove, un docente di danza di una scuola privata è stato costretto a dimettersi perché né ai genitori dei suoi studenti né alla scuola piaceva il suo “stile di vita”. Insomma, il 31 enne insegnante di danza fu costretto ad abbandonare la sua professione perché non piaceva ai genitori dei suoi studenti e metteva in imbarazzo la scuola: un caso dove vita prima e pubblica si intrecciano creando problemi ad una persona che ha dato tutto se stesso per poter esercitare tale professione.