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Iran, le minacce del Governo contro i cittadini che si ribellano al sistema: le storie

Iran

Human Rights ha annunciato nel suo rapporto annuale che il Governo iraniano usa confessioni forzate per condannare i manifestanti a morte.

Il Governo iraniano continua con le minacce nei confronti dei cittadini che si ribellano al sistema e che continuano a manifestare. Nel suo rapporto annuale, Human Rights ha annunciato che l’Iran usa le confessioni forzate per condannare i manifestanti a morte.

Iran, le minacce del Governo contro i cittadini che si ribellano al sistema

Human Rights ha annunciato, nel suo rapporto annuale, che la Repubblica islamica dell’Iran utilizza le confessioni forzate per condannare i manifestanti a morte. La confessione forzata o la confessione televisiva sono situazioni in cui il prigioniero viene costretto a criticare i suoi pensieri e le sue azioni passate davanti ad una telecamera. Un atto che solitamente viene compiuto sotto pressione, dopo aver subito torture. Fino ad oggi sono quattro i casi di persone innocenti che sono state impiccate, mentre il numero degli arrestati sta raggiungendo i 16mila.

Iran, confessioni forzate: le vittime

La prima vittima è stata Mohsen Shekari, atleta 23enne, giudicato colpevole dopo aver estratto un’arma “con l’intenzione di uccidere, creare terrore e interrompere l’ordine e la sicurezza della società”. Il giovane è stato accusato di guerra contro Dio ed è stato condannato a morte, senza nessun processo legale presso la Corte rivoluzionaria islamica dell’Iran. Shekari ha presentato ricorso contro il verdetto, che è stato confermato dalla Corte Suprema dell’Iran. Il giovane è stato impiccato la mattina dell’8 dicembre 2022.

Majidreza Rahnavard, altra vittima, aveva 23 anni ed era un wrestler, con una forte passione per i viaggi. Era uno dei detenuti della rivolta iraniana, giustiziato 23 giorni dopo il suo arresto. Gli era stata negata l’opportunità di difendersi in tribunale e il diritto di avere un avvocato. Il 23enne è stato accusato di aver ucciso due membri Basij e di averne feriti altri quattro durante la rivolta iraniana a Mashad.

Mohammad Mehdi Karami era un karateka di 22 anni è stato sottoposto a torture “fisiche, sessuali e psicologiche” in carcere. Il giovane è stato picchiato così tanto da perdere i sensi, durante il suo arresto. Gli agenti hanno pensato fosse morto e lo hanno lasciato vicino al tribunale di Nazarabad, ma quando se ne sono andati si sono resi conto che era vivo. “Lui stesso ci ha chiamato mercoledì alle due del pomeriggio e ha detto che ci hanno dato gli ordini; La mia condanna è la morte. Mio figlio piangeva e diceva di non dire niente a mamma…” ha dichiarato il padre Masha Allah Karami in un’intervista con Etemad.

Mohammad Hosseini aveva 39 anni e aveva perso i genitori diversi anni fa. Aveva solo una sorella, un fratello e un fratellastro ma non aveva rapporti con loro. Lavorava nell’azienda di incubatoi di polli Qazvin ed era un campione di arti marziali, che insegnava gratuitamente ai bambini poveri. Il giovane è stato accusato di corruzione e crimini contro la sicurezza del paese, ma anche di aggressione ai poliziotti e cospirazione contro il Paese.

Iran, il Governo usa le confessioni forzate: i giovani in pericolo

Sono quattro i casi delle persone innocenti che sono state impiccate dopo torture e minacce. Il numero delle persone arrestate è molto più alto, raggiunge quasi i 16mila e ci sono diversi giovani che al momento si trovano in grave pericolo, dopo aver ricevuto delle condanne a morte.

Mohammad Ghobadlou, nato nel 2000, è uno dei prigionieri delle proteste iraniane del 2022. Il giovane è stato accusato di aver ucciso un agente di polizia e di aver ferito altri cinque ufficiali, investendoli. L’avvocato e la madre hanno fortemente criticato il procedimento illegale, ma il giovane è stato condannato a morte con l’accusa di guerra e corruzione.

Anche Saeed Yaghoobi Kurds è una delle persone che hanno protestato durante la rivolta nazionale in Iran ed è stato condannato a morte nel cosiddetto caso Isfahan House, con l’accusa di guerra.

Saleh Mirhashemi Baltaghi ha ricevuto una condanna a morte dal giudice Morteza Barati con l’accusa infondata di guerra. Il giovane è stato arrestato mentre manifestava durante la rivolta nazionale, con l’accusa di aver ucciso tre forze repressive della Repubblica islamica lo scorso 25 novembre. In un file audio ha raccontato di essere stato torturato. Gli sono stati rotti i denti e il suo timpano è stato lacerato. Ha ricevuto anche minacce contro la moglie e il cugino ed è stato costretto a confessare.

Majid Kazemi è stato condannato a morte dopo essere stato arrestato nel corso della rivolta, con l’accusa di guerra e di estrazione di armi. “Non avevo un’arma né ho fatto nulla. Mi hanno picchiato così tanto che ho accettato” ha dichiarato, spiegando il motivo per cui ha confessato.