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Irlanda, al referendum trionfano i sì: legalizzato l'aborto

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Gli exit poll cancellano ogni dubbio: in Irlanda viene legalizzato l'aborto

Un traguardo importante per le molte donne sostenitrici del referendum del 25 maggio 2018. In Irlanda trionfano i sì con il 68%. Alle urne, la schiacciante vittoria ha portato alla legalizzazione dell’aborto. Così, una terra di secolari radici cattoliche si è espressa in larghissima maggioranza in favore dell’aborto libero. Il Paese sta avviando un importante processo di secolarizzazione. Il popolo si è dimostrato pronto a cambiare la storia, votando sì al referendum sull’aborto.

Aborto libero in Irlanda

Da diversi anni, anche nelle aree rurali, si registrava una diffusa apertura sui diritti civili. Per questo ci si aspettava che il 25 maggio 2018, in occasione del referendum, venisse abolito l’ottavo emendamento della Costituzione, che dal 1983 vieta l’aborto all’interno del Paese. I sondaggi hanno visto bene: il fronte favorevole all’aborto era in vantaggio, ma si è dovuto combattere per ottenere i voti degli indecisi. I risultati diffusi nella mattinata di sabato 26 maggio hanno dichiarato la netta vittoria del sì, con il 68% delle preferenze. Contro la legalizzazione il 32% dei 3.2 milioni di irlandesi chiamati alle urne.

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Un voto per chiudere un capitolo della propria storia nazionale, di profonda ispirazione cattolica. L’Irlanda ha voltato pagina. I risultati del referendum hanno definitivamente suggellato il trionfo del fronte favorevole all’abrogazione dell’articolo 8 della Costituzione, sulla tutela della vita del nascituro. Da oltre 30 anni, vigeva il divieto dell’interruzione della gravidanza, salvo casi eccezionali di pericolo diretto per la vita della madre. Tale proibizione ha spinto oltre 170 milioni di donne irlandesi a compiere l’aborto lontano dal proprio Paese. La pena, per chi avesse deciso di praticare l’aborto in patria, poteva arrivare a un massimo di 14 anni di carcere.

Il referendum

I 6.500 seggi sono stati aperti dalle 7 alle 22 ore locali . Il risultato ufficiale, atteso per la mattinata di sabato 26 maggio, ha confermato la schiacciante vittoria del sì. La scelta degli elettori della Repubblica pare sia stata più netta del previsto. Eppure la lunga campagna referendaria ha profondamente lacerato il tessuto sociale, la coscienza morale e la religione tradizionalmente cattolica del Paese.

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A eccezione di qualche sondaggio finale più prudente, in molti credevano nella legalizzazione dell’aborto. Ma le settimane precedenti alla consultazione sono state animate da forti e diffuse contrapposizioni. In particolare, fra aree urbane tendenzialmente pro-choice, donne in testa, e zone rurali a impronta antiabortista. Anche a livello generazionale è emerso uno scenario piuttosto contrastante. Gli anziani erano più inclini verso il no, i giovani e l’età di mezzo verso il sì. A questa realtà di per sé così variegata, si è aggiunto lo zoccolo duro non irrilevante dei giovanissimi attratti dagli argomenti pro-life.

La lotta tra i due fronti è proseguita anche a seggi aperti. Sui social gli esponenti dei due schieramenti hanno continuato la battaglia a colpi di tweet. Da un lato i favorevoli alla liberalizzazione (i leader istituzionali, i maggiori partiti, i media che contano, le star irlandesi di portata internazionale). Contrari i movimenti per la vita, ma anche singoli dissidenti di partito e gruppi cattolici.

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