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Istat, nel 2015 in Italia 4,5 mln di poveri

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Secondo il rapporto 'Noi Italia' dell'Istat, nel 2015 c'erano 4,5 milioni di poveri assoluti. Il PIL pro capite è inferiore del 4,5% rispetto alla media UE.

Il 6,1 per cento delle famiglie residenti nel nostro Paese si trova in stato di indigenza. Questo è ciò che emerge dal rapporto ‘Noi Italia’ dell’Istat. Nel 2015 i poveri assoluti erano 4 milioni e 598mila, mentre le persone in stato di povertà relativa erano 8 milioni e 307mila, pari al 13,7 per cento della popolazione. I dati della povertà assoluta e di quella relativa sono stabili rispetto al 2014, ma le condizioni delle famiglie con oltre 4 componenti sono peggiorate. Se la rilevazione precedente aveva mostrato che il 6,7 per cento di tali nuclei familiari era povero, nel 2015 la quota è salita al 9,5 per cento.

Nella fascia 20-64 anni 61,6 per cento di occupati

Il rapporto Istat mostra che nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 64 anni nel nostro Paese sono occupate 6 persone ogni 10. Se si esclude la Grecia, questo è il dato peggiore dell’Unione Europea. Il tasso di occupazione maschile nel 2o16 era del 71,7 per cento, mentre quello femminile era del 51,6. Oltre al divario di genere, l’Istat ha registrato anche un forte squilibrio territoriale tra Centro-Nord e Sud: nel Mezzogiorno il tasso di occupazione era del 47 per cento, contro il 69,4 per cento delle regioni centrosettentrionali. Nell’Unione Europea solo la Grecia fa peggio del nostro Paese, mentre la Svezia è in vetta alla graduatoria con un tasso di occupazione pari all’80,5 per cento.

PIL pro capite a -4,5 per cento rispetto alla media UE

In Italia il PIL pro capite, calcolato in base al potere d’acquisto e depurato dalle differenze legate agli standard dei prezzi nei vari paesi, è più basso del 4,5 per cento rispetto alla media europea. L’Istat segnala che facciamo peggio di Germania e Francia (rispettivamente del 23,6 per cento e del 9,2 per cento), ma meglio del 5 per cento rispetto alla Spagna.

Aumentano lievemente gli stranieri

All’inizio del 2016 il numero di cittadini stranieri residenti in Italia è arrivato a poco più di 5 milioni, facendo registrare un incremento dello 0,2 per cento rispetto al 2015. Il rapporto Istat evidenza che la percentuale di stranieri nel nostro Paese ci pone all’11esimo posto in Europa, dietro Regno Unito e Germania e davanti alla Francia. Nel periodo considerato, in Italia erano presenti quasi 4 milioni di cittadini non comunitari. La percentuale di stranieri comunitari in ingresso, invece, prosegue il trend negativo avviatosi nel 2011. La flessione interessa soprattutto le regioni del Centro e quelle meridionali. L’Istat attesta che nel 2015 i nuovi permessi di soggiorno rilasciati sono stati il 3,8 per cento in meno rispetto al 2014. Rispetto alla rilevazione precedente, diminuisce il divario occupazionale tra italiani e stranieri: nel 2015 si è ridotto a 2,1 punti percentuali in più in favore dei cittadini provenienti da altri Stati, il cui tasso di occupazione nella fascia tra i 20 e i 64 anni si è attestato al 62,4 per cento.

Cala la pressione fiscale, ma resta una delle più alte d’Europa

La pressione fiscale in Italia nel 2016 si è ridotta di 0,7 punti rispetto ai massimi registrati nel biennio 2012-2013, scendendo al 42,9 per cento. Restiamo, però, uno dei Paesi con il tasso più alto. Peggio di noi fa solo la Francia. Il rapporto Istat ha reso noto, inoltre, che la spesa pubblica in Italia nel 2015 è stata pari a circa 13,6mila euro per abitante. Questo valore è in linea con la media UE, ma inferiore rispetto ai livelli di Regno Unito, Germania e Francia. La Spagna, invece, spende ancor meno di noi.

Troppi abbandoni e pochi laureati

L’Istat evidenzia qualche piccolo passo avanti per quanto riguarda il numero dei laureati e quello di chi abbandona gli studi. I progressi, tuttavia, non sono ancora sufficienti e restiamo ben lontani dalla media europea. Nella fascia d’età tra i 30 e i 34 anni nel 2016 la percentuale dei laureati ha raggiunto il 26,2 per cento, mentre la quota totale di laureati è del 25,3 per cento. Una cifra molto al di sotto del 38,7 per cento che rappresenta la media UE a 28 e che ci relega all’ultimo posto. Nel 2016 la quota di coloro che hanno lasciato gli studi è scesa al 13,8 per cento. In generale il tasso di abbandono si attesta, però, al 14,7 per cento e resta più elevato della media europea che è dell’11. Dietro di noi ci sono solo Romania, Malta e Spagna. Siamo in coda anche per quanto riguarda l’incidenza della spesa pubblica destinata all’istruzione rispetto sul PIL. Da noi gli investimenti nel settore rappresentano il 4,1 per cento del prodotto interno lordo, mentre la media europea è del 4,9. L’unico primato, in realtà niente affatto invidiabile, che deteniamo è quello dei Neet. In Italia sono oltre 2,2 milioni i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano né lavorano.

Spesa sanitaria in larga parte a carico delle famiglie

Le famiglie contribuiscono per il 23,3 per cento alla spesa sanitaria totale. Nel 2014 quella pubblica è stata di circa 2.400 dollari pro capite pubblica, mentre in Germania è stata di 4mila e in Francia di 3mila. Diminuisce il tasso di mortalità infantile, che nel 2014 è stato del 2,8 per mille sul totale dei nati vivi. Questo è uno dei valori più bassi d’Europa ed è un importante indicatore del livello di sviluppo e benessere di uno Stato.