Jerry Calà: la libidine, anzi doppia libidine degli anni 80

Non si esce vivi dagli anni 80, cantavano gli Afterhours nel 1999. Ma si sbagliavano. Jerry Calà , il mito degli anni 80, ne è uscivo vivo e vegeto.   I capelli si sono imbiancati ma l'acconciatura è sempre quella. Jerry Calà, il mito, l'idolo degli anni 80 si racconta in un interv...

Non si esce vivi dagli anni 80, cantavano gli Afterhours nel 1999. Ma si sbagliavano. Jerry Calà , il mito degli anni 80, ne è uscivo vivo e vegeto.

I capelli si sono imbiancati ma l’acconciatura è sempre quella. Jerry Calà, il mito, l’idolo degli anni 80 si racconta in un intervista:

Tutto è cominciato con i Gatti: Umberto Smaila, Gianandrea Gazzola, Nini Salerno e Mallaby Spray (a cui si aggiungerà Franco Oppini).

“Sì sì, assolutamente. Nasciamo come gruppo folk, io suonavo il contrabbasso: facevamo canzoni anche impegnate, spirituals, folk a quattro voci armonizzate, cose bellissime, come Verona Beat.

Dario Fo ci chiese di suonare dal vivo, ma siccome nei nostri spettacoli tra un pezzo serio e l’altro facevamo anche ridere il pubblico, ci disse: “Ragazzi, fate solo le canzoni, perché le cazzate che dite non mi interessano”. Sosteneva che eravamo dei cazzoni e facevamo troppi calembour. Poi sono arrivati Jannacci e Cochi & Renato, che hanno aperto la strada a quelle che all’epoca venivano definite “canzoni da ridere” e a poco a poco ci siamo spostati in quella direzione.

Così sono arrivati successi “da ridere” come Prova o Capito?!”.

Non ha mai pensato di fare satira politica o “impegnata”?
“Non è nelle mie corde. La mia comicità è sempre stata ispirata dai media, dalla pubblicità e dai tipi che si incontravano di notte per strada a Milano in quel periodo. Ero bombardato dai tormentoni televisivi e dagli spot, infatti la gente, che subiva lo stesso bombardamento, si riconosceva nei miei tormentoni.

Poi si pensa che l’attore sia padrone della sua carriera ma non è così: dipende anche da quello che ti offrono. Quando me lo hanno proposto ho fatto altro: ad esempio un film con Pupi Avati, e poi scusa, sono stato addirittura alla Berlinale con Diario di un vizio, di Marco Ferreri, in cui facevo una parte drammatica”.

Sulla carriera di un attore, tipo Abatantuono, cosa racconti?
“Ad alcuni riesce e ad altri no.

Però anche lui, come vedi, sta tornando a fare la commedia, e ci dà dentro di nuovo col pugliese: è difficile scrollarsi di dosso queste cose.Tutto dipende da ciò che ti offrono: anche io credevo che dopo Diario di un vizio mi avrebbero offerto altre parti, invece no: mi proposero Abbronzatissimi, allora chiesi consiglio al maestro Ferreri, “Ma adesso cosa faccio? Devo aspettare?”, e lui: “Se non ci vai tu, te ce manno io a calci nel culo!”.

Per lui gli attori erano tutti delle puttane, e dovevano fare qualunque cosa. Secondo alcuni dovrei essere a casa a giocare a scopone coi pensionati. Qualche soddisfazione, anche dalla critica, l’ho avuta, come quella volta a Berlino in cui i più importanti giornalisti italiani mi aspettarono al ristorante e mi chiesero scusa. Anche se poi hanno continuato a stroncarmi “.

Oggi cosa ti fa dire “libidine”?
“Ci sono poche cose che oggi mi farebbero dire “libidine”.

C’è poca libidine in questo periodo, ma la cosa triste è che c’è poca voglia di libidine. Sai perché ho ancora così tanto successo tra i ragazzi? Perché a loro piace l’entusiasmo che c’era nei nostri film degli anni 80. Su Twitter mi mandano messaggi tipo “vogliamo Yuppies 3!”. Oggi invece è un po’ grigia: li vedo nei locali, i ragazzini di 20 anni, che per divertirsi si forzano a bere bicchieri di vodka alti così.

Ai nostri tempi bastavano duecalici di vino, un po’ di whiskey e le ragazze”.

“Rum e cocaina”, parole di Maracaibo: com’è cambiata la polvere bianca?
“Bisogna vedere anche di che qualità è quella che gli danno, infatti qualcuno ogni tanto sballa. Ai miei tempi riuscivo a capire chi ne faceva uso, mi accorgevo se davanti al bagno c’era la fila per tirare, e infatti il ceto era alto, era una droga elitaria.

Oggi, da quello che mi raccontano, ne fanno uso anche gli impiegati. Ai miei tempi riuscivo a capire chi faceva uso di cocaina: mi accorgevo se davanti al bagno c’era la fila per tirare, e infatti il ceto era alto, era una droga elitaria. Oggi, da quello che mi raccontano, ne fanno uso anche gli impiegati.”

Cosa resterà degli anni 80 ?
“A parte Jerry Calà, patrimonio dell’Umanità, quegli anni ci hanno lasciato grande cinema e grande musica.

Ce n’è stata anche di brutta, ma quella bella ha toccato dei vertici che di questi tempi non vedo. Oggi basterebbe la metà dell’entusiasmo che avevamo noi, vecchi yuppies degli anni 80, per tirare un po’ su questa Italia”.

Com’era Berlusconi ?
“Molto pratico: con lui si discuteva pochissimo, perché aveva le idee chiarissime su quello che voleva: “Siete pronti? Benissimo, domani avrete un appartamento per uno a Milano2 e si comincia a lavorare”.

Girava questa leggenda secondo cui si faceva consegnare tutte le cassette delle registrazioni per farle vedere alla figlia Marina, che allora era una bambina: se piaceva a lei andavano in onda. Eravamo tutti terrorizzati da questa bambina. Le cose dei Gatti devono esserle piaciute per fortuna”.

Chi è l’attrice più bella con cui ha lavorato?
«Marina Suma».

Cosa successe quando, dopo l’arresto, Pietro Maso disse che Jerry Calà era il suo idolo?
“Quando arrestarono Pietro Maso e lui disse quella frase vennero subito a intervistarmi: “Non credo” risposi “che Maso abbia ucciso i genitori dopo aver visto Vado a vivere da solo, forse avrà visto Rambo“.

Nei miei film al massimo ho dato messaggi di cazzoneria. Non penso che siano i nostri film degli anni 80 ad aver fatto male ai ragazzi: noi infondevamo ottimismo. Oggi pare sia sbagliato anche essere ottimisti, ma io non faccio parte di questa generazione disfattista”.

Cosa ne pensi degli anni 80?

“Degli anni ’80 manca l’entusiasmo che aleggiava nell’aria. Erano gli anni del rischio: anni in cui ci si buttava in imprese folli.

Gli yuppies erano dei cazzoni, ma avevano voglia di fare. Io negli anni Ottanta recitavo in “Vado a vivere da solo”: c’ era voglia di affrancarsi. Oggi i ragazzi sono troppo protetti. Le famiglie sono ingombranti. Non penso che i nostri film degli anni ’80 abbiano fatto male ai ragazzi: noi infondevamo ottimismo. Oggi pare sia sbagliato anche essere ottimisti, ma io non faccio parte di questa generazione disfattista. Per fortuna la maggior parte della gente mi vuole bene ma c’è qualcuno a cui non va giù che, nonostante non faccia più grandi film, sia ancora qui, che lavoro e ho anche molto successo.”