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L’Italia non si inginocchia contro il razzismo, Ancelotti: “Non è così che si risolve il problema”

Carlo Ancelotti

L’Italia non si inginocchia contro il razzismo, Ancelotti: “Non è così che si risolve il problema. Fondamentale è educare le nuove generazioni”

L’Italia non si inginocchierà contro il razzismo e Carlo Ancelotti ha un’idea ben precisa in merito: a suo parere “Non è così che si risolve il problema”. Il tecnico è reduce dalla panchina dell’Everton e in merito alle iniziative sul campo contro il razzismo è un vero esperto. Perché? Perché ha visto i suoi calciatori inginocchiarsi più volte. Oggi Ancelotti è tornato al Real Madrid in sostituzione di Zinedine Zidane, ma ha un ricordo molto netto di come ci si comporta in Inghilterra in materia di segnali di adesione al Black Lives Matter

L’Italia non si inginocchia contro il razzismo, Ancelotti: “In Premier è un’abitudine mai messa in discussione”

E in una intervista al Giornale il tecnico ed ex calciatore lo ha spiegato bene: “In Premier è un’abitudine, tutto è iniziato un anno e mezzo fa e non c’è mai stata discussione sulla cosa”. E lui, da uomo e da uomo di calcio a livello internazionale come la pensa? Ancelotti la butta giù “pratica”, come quando disegna uno schema: “Per quanto mi riguarda, credo che non inginocchiarsi per qualche secondo non è così importante. Non è così che si risolve il problema. Semmai, la cosa veramente fondamentale è educare le nuove generazioni alla questione del razzismo”. Magari ad Ancelotti sfugge che proprio da una vetrina così importante come un europeo potrebbe partire l’educazione di cui parla lui, perché proprio quella è l’educazione di cui parla e proprio agli Europei i giovani diventano ricettivi a certi messaggi, ma è una questione di prospettive, Ancelotti ha il suo sacrosanto background e giocare con lui sui tranelli concettuali è da pavidi, un po’ come se lui sfidasse un giornalista a stoppare al volo.

L’Italia non si inginocchia contro il razzismo, Ancelotti e la scelta degli azzurri contro l’Austria

Ad ogni modo in Italia la faccenda dell’inginocchiarsi o meno sta diventando una questione grossa, specie dopo che durante l’ultimo incontro con il Galles quasi metà squadra si era inginocchiata e specie ancora dopo che è trapelata la notizia in queste ore per cui contro l’Austria non si inginocchierà nessuno. È evidente infatti che la linea dell’omogeneità lega male con alcune scelte individuali. E al di là del dibattito in punto di “appalto politico” si pone un problema serio: quello per cui lo sport dovrebbe veicolare messaggi sociali positivi ed inequivocabili, oltre che vellicare i suoi soli ambiti agonistici e spettacolari. Tuttavia esiste anche una scuola di pensiero per cui esistono gli ambiti e le circostanze giuste per sostenere un’idea e per cui lo sport deve essere solo tale, basico, essenziale e terzo rispetto alle istanze della società.

L’Italia non si inginocchia contro il razzismo, Ancelotti dice la sua dopo il precedente “arcobaleno” di Monaco

E nel mondo del calcio questa doppia lettura si palesa spesso: in Premier League ad esempio l’abitudine di inginocchiarsi è ormai una sorta di regola non scritta, mentre nell’Europa continentale la linea è stata sempre quella delle libere scelte dei singoli. Ma non è la prima volta che ad Euro 2020 si intersecano la storia delle idee e il rigore dello sport: il sindaco di Monaco di Baviera ad esempio avrebbe voluto che l’Allianz Stadium si illuminasse con i colori arcobaleno in occasione di Germania-Ungheria ma aveva incassato il no ufficiale della Uefa. La federazione infatti che ci aveva visto una provocazione contro il governo di Orban che in materia di omosessualità e minori è rigorista come la ghisa. E l’antica questione se lo sport debba portarsi in campo un pezzetto di società o lasciare fuori ogni palpito della stessa per il momento resta irrisolta. In attesa del fischio di inizio di Wenbley.