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La fine del varietà si chiama talk show

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Ogni varietà o in qualsiasi sprazzo d’intrattenimento, ci deve essere forzatamente una lunga chiacchierata con l’ospite di turno; questo permette sì di risparmiare soldi e fatica ma ammazza ancor di più un genere ormai in crisi. Se ci mettiamo pure il politicamente corretto, è la fine

Il programma Maledetta Primavera su Rai1 con Loretta Goggi è sceso nell’ultima puntata sotto il 16% di share, La tv dei 100 e uno su Canale5 con Piero Chiambretti nell’ultima messa in onda ha segnato un indice vicino al 13%, sempre su Canale5 Felicissima Sera – All inclusive con Pio e Amedeo ha debuttato vicino al 20% ma ben sotto le aspettative in termini d’ascolto, il Cantante Mascherato su Rai1 con Milly Carlucci sabato scorso ha segnato poco più di 2 milioni di telespettatori. È crisi dell’intrattenimento e questa è legata molti fattori ma uno su tutti è preponderante: il talk dentro il varietà.

Se per lo show con Milly Carlucci c’è una stanchezza e una non-logica del formato, nonostante la padrona di casa sia bravissima, i giudici sopra le righe e la Rai ci creda molto, per i primi tre la cosa è ben diversa; questi “grandi spettacoli” avrebbero avuto tutte le carte in regola per esserlo davvero e accaparrarsi l’affezione del pubblico. La scusa della concorrenza non regge più, la televisione ha un problema: sia chiama talk show. Il talk è un genere più vivo che mai e manda avanti reti come Rete4, La7 e in parte Rai3 e Rai1; la stonatura è quando si mescola al varietà, all’intrattenimento. Il talk dentro il varietà fa perdere appeal ad un prodotto di qualità, dove il telespettatore si aspetta un’idea di fondo interessante, monologhi satirici, canti, balli, ospiti con cui far una velocissima chiacchierata per poi vederli all’opera in questo o quello. Tante parole inutili riferite ad un passato trito e ritrito ammazzano l’intrattenimento e fanno calare gli ascolti: questi sono dati oggettivi sotto gli occhi di addetti ai lavori, manager e appassionati di tv. Intrattenimento e talk funzionano bene se stanno separati e non vanno mesciati per risparmiare soldi e fatica, altrimenti si crea uno spettacolo scadente, con conseguente abbandono della platea televisiva.

Il politicamente corretto invece è un male a parte che meriterebbe una seria riflessione; il perbenismo imperante di una certa parte politica ha contagiato stupidamente televisione, radio e social, in un appiattimento argomentativo che fa bene a pochi radical chic e cattodem a discapito di milioni d’italiani. Il politically correct, tanto amato in America, sta imperversando da noi soprattutto su giornali e blog, come in tv, dove direttori e dirigenti cercano di rimbecillire lettori e spettatori facendo loro ingoiare una realtà fuori da ogni logica. Speriamo che, soprattutto in Rai, Giorgia Meloni agisca in fretta perché il politicamente corretto, oltre che irritante e stupido, lede la libertà d’espressione. Altro che il berlusconismo degli anni 2000!

Altra roba è l’infotainment alla Barbara D’urso o alla Federica Panicucci, poiché sia su Pomeriggio Cinque che su Mattino Cinque si parte da una base informativa preponderante per poi commentare fatti televisivi accaduti la sera prima; qui, i telespettatori sanno bene quello che li aspetta, da un varietà non si attendono certamente lunghe interviste alla Gigi Marzullo.