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“La guerra è finita, daremo serenità”, i talebani promettono un nuovo corso

I talebano acquartierati in un palazzo di Kabul

“La guerra è finita, daremo serenità”, il mullah dei talebani Akhund: "Questa è l’ora della prova. Noi forniremo i servizi alla nostra nazione"

“La guerra è finita”: con questo solenne ma fragilissimo proclama i talebani vittoriosi a Kabul si giocano la carta della maturità e promettono un nuovo corso che ha tutto il sapore della propaganda. Anzi, il mullah Baradar Akhund l’ha spiegata meglio in un lancio della BBC: “Questa è l’ora della prova. Noi forniremo i servizi alla nostra nazione, daremo serenità alla nazione intera e faremo del nostro meglio per migliorare la vita delle persone. Il modo in cui siamo arrivati era inatteso e abbiamo raggiunto questa posizione che non ci aspettavamo”.

I talebani: “Guerra finita e serenità”: ma l’aeroporto di Kabul è diventato una bolgia

Il tutto dopo le ore di caos all’aeroporto della capitale afghana con le delegazioni diplomatiche occidentali in fuga e con un volo italiano che atterrerà nel primo pomeriggio a Fiumicino. La notizia è arrivata da Doha, dove un altro portavoce degli studenti coranici armati ha spiegato ad Al Jazeera che la guerra in Afghanistan “è finita”. Poi l’addetto politico ha aggiunto: “Presto sarà chiaro quale tipo di governo ci sarà. Siamo pronti a dialogare con personalità afghane e cui garantiremo protezione; la sicurezza sarà anche garantita a cittadini e missioni diplomatiche”.

La guerra finita dei talebani e la serenità promessa: l’accordo, la fuga di Ghani e il caos

Messa così ha il tono dell’accordo preventivo fra esponenti del governo di Kabul e capi talebani, accordo che secondo molti analisti avrebbe permesso una riconquista così veloce delle città chiave afghane. Ma dietro c’è uno storico di caos, un caos che arriva dritto dritto dai momenti concitatissimi all’aeroporto di Kabul nelle scorse ore. I miliziani controllano il palazzo presidenziale e sono in procinto di proclamare l’Emirato Islamico d’Afghanistan, anche perché non hanno oppositori e il presidente Ashraf Ghani ha lasciato campo libero alla bandiera bianca, in tutti i sensi: come suo segno di resa e come vessillo talebano. È in Tagikistan, dove è fuggito per evitare un “bagno di sangue”, specie del suo, visto che pare la sua persona non rientrasse nell’accordo per il “blitzkrieg” talebano.

A Kabul serenità e guerra finita, i talebani “non convincono” le delegazioni

Ma le promesse di transizione quieta e di stabilità dei talebani non hanno impedito che da ieri e fino ad oggi l’aeroporto di Kabul diventasse un vero spot di isteria già dopo la presa di Jalalabad. Con i perimetri messo in sicurezza dalle forze di interdizione Usa e delle rappresentanze occidentali in coordinamento occasionale, l’area è diventata luogo di ressa, con velivoli che hanno sovrapposto i piani di volo, decolli celeri ed elicotteri Chinook che facevano la spola fra i tetti delle ambasciate e le landig zones vicino alle piste. Assieme agli americani si erano mossi i tedeschi. Poi a traino e in punta di protocollo “Aquila” erano arrivati gli italiani.

La guerra finita e talebani morbidi: “Daremo serenità”: intanto oggi pomeriggio a Fiumicino arriveranno gli italiani

Il loro primo volo era partito alle 21.40 del 15 agosto e, dopo uno scalo tecnico finale ad Islamabad, in Pakistan, dovrebbe atterrare nel primo pomeriggio di oggi a Roma. A bordo, riferiscono fonti sul campo di Sky, ci sarebbero i nostri connazionali più una ventina di cittadini afghani contractor con la Farnesina, quelli più a rischio malgrado i proclami di pace dei talebani che non hanno mai nominato, nelle loro enunciazioni di stabilità, i connazionali collaboranti con l’occidente. In quelle stesse ore il portavoce sul campo de talebani, Suhail Shaheen, ha ribadito una linea “morbida”, arrivando (addirittura) a proclamare: “Rispetteremo i diritti delle donne. La nostra politica è che le donne avranno accesso all’istruzione e al lavoro”. Insomma, siamo al “piccoli talebani crescono”.

Chi resta in Afghaistan a verificare la guerra finita e la “serenità” promessa dai talebani

Proprio nei minuti in cui il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio annunciava il volo che oggi riporterà i nostri connazionali in patria. Ne seguiranno altri e a bordo del primo ci sono “non solo il personale dell’ambasciata, della Agenzia per la cooperazione allo sviluppo, ma anche nostri connazionali che erano in Afghanistan e hanno risposto alla chiamata della Farnesina per tornare in Italia”. E in Afghanistan chi è restato? “Un presidio diplomatico, un rappresentante del corpo diplomatico”, in attesa di sviluppi e di “rimodulare il dispositivo”.

Vetri rotti e spari in aeroporto dopo l’arrivo dei talebani: altro che guerra finita e serenità

Restano le immagini del caos assoluto all’aeroporto di Kabul: migliaia di persone in fuga dai talebani, scalo invaso da civili sulle piste, tentativi di saltare i varchi per arrivare a bordo dei velivoli prima, qualche sparo di dissuasione da parte dei contingenti di sorveglianza delle ambasciate impegnati a garantire i perimetri. Alla Bbc un testimone ha raccontato che “la sala partenze si è trasformata nel caos dopo che la gente ha detto che le carte d’imbarco venivano stampate segretamente per i funzionari e le persone di alto profilo che si sono presentate all’aeroporto. Abbiamo aspettato per quasi otto ore”. A quel punto le porte di vetro che separano gli spot di immissione verso le piste sono andate in frantumi e la gente impazzita è corsa verso gli aerei, con molti veicoli della polizia “lasciati sulla strada con le portiere aperte”. Se questa è la serenità che promettono i talebani non cominciamo bene.