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La Lituania dice no al piano di decommissioning dell’UE

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La Lituania dice no al progetto di finanziamento delle attività di decommissioning dei reattori nucleari dell’era sovietica preparato dalla Commissione Europea. Il piccolo stato baltico lamenta che “la proposta non è accettabile perché non è in linea con gli impegni presi al momento dellâ€...

La Lituania dice no al progetto di finanziamento delle attività di decommissioning dei reattori nucleari dell’era sovietica preparato dalla Commissione Europea.

Il piccolo stato baltico lamenta che “la proposta non è accettabile perché non è in linea con gli impegni presi al momento dell’ingresso della Lituania nell’Unione Europea”, come ha dichiarato Andrius Kubilius, primo ministro della ex repubblica sovietica. Accordi che, almeno secondo il punto di vista lituano, impegnavano Vilnius a chiudere la centrale, Ignalina, ma a sua volta l’UE doveva fornire un finanziamento adeguato.

Giovedì, invece, la Commissione di Bruxelles ha presentato un piano che prevede un’offerta di 210 milioni, per il periodo 2014-2017, per il completamento delle operazioni di decommissioning della centrale. Offerta che la Lituania, evidentemente, non considera adeguata e corrispondente agli impegni presi. 

L’offerta della CE rientra in un piano da mezzo miliardo di euro che include le attività di decommissionig anche di altre centrali nucleari, in Bulgaria, e Slovacchia. La richiesta del governo lituano, invece,  è per oltre 700 milioni di euro.

Nella sua replica Kubilius ha messo in evidenza come il trattato di ingresso della Lituania nell’UE prendeva in considerazione il fatto che la chiusura di Ignalina rappresentava un’operazione “eccezionalmente pesante non commisurata con la forza economica del paese”. Da qui la richiesta di un “finanziamento da parte dell’Unione Europea adeguato alle necessità”.

Ignalina era l’unica centrale del paese, residuo dell’era sovietica, ed è stata chiusa il 31 dicembre del 2009. Produceva, da sola, il 70 per cento dell’intera elettricità che alimentava questo piccolo paese di soli tre milioni di abitanti. La rinuncia a Ignalina senza che venisse prima realizzato un nuovo impianto – già previsto ed in comune con gli altri due stati baltici, Estonia e Lettonia – ha costretto Vilnius alla piena dipendenza da gas russo, situazione politicamente poco apprezzata dai lituani.