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La regista di Titane: film sull'amore, oltre l'identità di genere

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Roma (askanews) - Julia Ducournau ha vinto a sorpresa la Palma d'oro all'ultimo festival di Cannes con "Titane", un film che ha un impatto emotivo forte sullo spettatore, in cui c'è violenza, una vena horror, ma che tratta un tema universale come l'amore che riesce a far superare le paure e il do...

Roma (askanews) – Julia Ducournau ha vinto a sorpresa la Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes con “Titane”, un film che ha un impatto emotivo forte sullo spettatore, in cui c’è violenza, una vena horror, ma che tratta un tema universale come l’amore che riesce a far superare le paure e il dolore.

Protagonista è Alexia, interpretata da Agathe Rousselle, a cui, da bambina, è stata messa una placca di titanio nella testa. Da adulta ha un legame viscerale, carnale, con le automobili mentre respinge, uccidendole, le persone con cui ha un incontro fisico. Nel corso del film si trasformerà, anche grazie al personaggio interpretato da Vincent Lindon.

La regista francese, a Roma, spiega:

“Non c’è mai solo un’idea che attraversa la mente, un film è frutto di desideri, immagini che ho in testa, temi, volontà di misurarmi con scelte tecniche. In questo caso avevo capito che per me era molto complicato parlare d’amore, perché io lo vedo come qualcosa di assoluto, incondizionato, che va contro la rappresentazione comune. Io voglio che lo spettatore senta, fisicamente, quello che sentono i personaggi, e sapevo che sarebbe stato difficile, ma è per questo che ho deciso di farlo”.

“Titane”, nei cinema dal 30 settembre e in anteprima dal 21 al Cinema Troisi di Roma, è un film visionario, originale, frutto di un atto creativo estremamente libero. Un film sull’amore che tocca temi di grande attualità come il genere, l’identità, la fluidità di genere. Ducournau spiega:

“Il genere è una costruzione sociale e ci limita come individui, limita la nostra identità e anche l’intera umanità perché limita le interazioni tra gli esseri umani. E’ qualcosa che io cerco di scardinare nel mio film, attraverso le immagini, senza intellettualizzarlo. Attraverso l’empatia che cerco di far nascere con i miei personaggi mostro che non ha alcun senso definire qualcuno attraverso il genere”.