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La sottile linea dell'educare

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Quando educare significa usare il pugno duro, come nel chiudere un oratorio "per maleducazione", e quando, invece, è sinonimo di procedere a oltranza con la propria missione?

Quando si tratta di educazione, è sufficiente muovere un passo fuori dal tracciato per scatenare un vespaio in cui ad aizzarsi non solo educandi ed educatori, ma anche famiglie e istituzioni. Del resto, l’istruzione (intesa in senso lato) è uno di quegli argomenti delicati, da maneggiare con cura, da lasciare nelle mani (si spera sempre abili) degli esperti del settore.

Anche l’educazione ha la sua stagionalità. Normalmente (eccezion fatta per casi, appunto, eccezionali come la pandemia), ci si dimentica della scuola finché questa non finisce, e allora ci sono gli esami di terza media e soprattutto di maturità di cui discutere (tutti esperti professori, improvvisamente), e quando questa ricomincia, a settembre, e allora ecco che riparte la polemica – non del tutto priva di fondamenta, anzi – su come la scuola sia sempre all’ultimo posto e su come, di nuovo, non ci siano cattedre, manchino i professori, quest’anno forse addirittura i libri di testo. Come se la scuola fosse un’emergenza, come se le stesse scadenze non si ripresentassero uguali a se stesse anno dopo anno.

Di educazione si parla anche quando questa finisce, per una ragione o per l’altra (più spesso che no per quelle sbagliate), sulle pagine dei giornali. Ci finisce quando si scopre che qualche insegnante viene accusato di un crimine, spesso a sfondo sessuale. Ci è finita quando una scuola di Lecce ha deciso di non portare in gita gli alunni poco meritevoli, scatenando un putiferio mediatico. E ci finisce ora, con la scelta di un oratorio in provincia di Mantova di chiudere per un giorno (ma avvertendo che la chiusura potrebbe reiterarsi e arrivare a una settimana) “per maleducazione”.

“Troppe parole volgari”, “cacca ovunque nei bagni”, “rifiuti buttati a caso”, “comportamenti da bulli violenti” e molto altro si legge sul manifesto diventato virale in poche ore. E che in poche ore sembrerebbe aver avuto effetto: “Adesso sono tutti gentili e si offrono persino di aiutarmi a ripulire a fine giornata“, ha dichiarato il parroco della comunità don Andrea Spreafico.

Quando si tratta di educazione, dicevamo, è bene muoversi in punta di piedi e prestare attenzione nel giudicare. Si rispolvera sempre il solito vecchio quesito, quello che si domandavano “quelli bravi” quando a scuola erano puniti per la maleducazione di quelli dell’ultimo banco, quando arrivava la famigerata “nota di classe” anche se eri stato zitto e attento per tutto il tempo: è giusto che, per errore di qualcuno, la colpa ricada su tutti, come è successo a Cicognara? È impossibile che a perpetrare quei comportamenti fossero tutti i bambini che frequentano l’oratorio. A loro chi restituirà quel giorno perso? Dovranno forse imparare che, nella vita, è giusto essere puniti – anche indirettamente – per qualcosa che non si è commesso?

Ma c’è un’altra riflessione che sorge spontanea. Quando il proprio dovere di educatore significa usare il pugno duro e quando, invece, è sinonimo di procedere a oltranza con la propria missione? Ovvero, è giusto “lavarsene le mani”, evitando di portare in gita chi più fa disperare, come nel caso di Lecce, o chiudendo un oratorio che, oltre a far giocare e pregare i bambini, dovrebbe educarli a valori religiosi (ma anche laici) di civiltà? Non sarebbe meno facile ma proprio per questo più giusto farsi carico della difficoltà di educare certi bambini e non lasciarli andare ma anzi, tenerli ancora più stretti, mostrare loro che il mondo dell’educazione non molla la spugna e non li abbandona, neanche quando loro lo vorrebbero, neanche quando a farlo e a dare il cattivo esempio magari è la stessa famiglia? Troppo facile educare quando tutto va bene, la vera sfida è farlo quando il gioco si fa duro. Oppure, al contrario, educare vuol dire anche mandare un segnale forte, che dica “no, così non va bene”? Far capire subito, prima che sia troppo tardi, che non tutto è lecito e che ogni comportamento ha delle conseguenze, che piacciano o no. Farlo capire prima che sia troppo tardi, finché le punizioni si limitano a essere queste.

Come già detto, quando si tratta di educazione bisogna muoversi piano, in punta di piedi. E, più volte che no, capire qual è la strada giusta da percorrere è più difficile di quanto sembri.