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Lancio di “guanti alla droga” tra i detenuti del carcere di Marassi

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I detenuti di Marassi sono stati sorpresi dalle guardie a lanciarsi dei guanti contenenti droghe. Gli indivuidi carcerati passano momenti decisamente poco vivibili. Questo è dovuto al sovrafollamento delle carceri

 

E’ successo ieri, ben dopo il pranzo dei detenuti, dal lato dello stadio Luigi Ferraris è stato lanciato all’interno del carcere di Marassi, nell’Area Seconda Sezione, un involucro contenente droga – 28 grammi di hashish e 5 grammi di cocaina -.

Detenuti, i guanti

La dinamica non è stata certo passata inosservata dalla Polizia Penitenziaria. Il segretario regionale della Uil Pa Polizia Penitenziaria, Fabio Pagani ha spiegato:

“La gravità del fatto va ad aggiungersi a una condizione di iper affollamento. Oggi a Marassi si contano 700 detenuti a fronte di una capienza regolamentare prevista in 450”.

Sono 20 i nuovi arrestati a Marassi, che hanno rischiato di mettere in ginocchio l’Istituto. Anche in concomitanza di eventi sportivi la decisione di utilizzare il piazzale davanti al carcere quale terminal per i pullman è un fattore di grave rischio per la sicurezza e l’incolumità pubblica.

“Nei prossimi giorni – aggiunge Pagani – metteremo grande attenzione se sia o meno il caso di investire sindaco e Prefetto sulla questione.

Difatti, non sempre si è nelle condizioni di sequestrare i vari oggetti e le varie sostanze che vengono lanciate dall’esterno. Occorre prevedere anche ulteriori barriere atte a impedire i lanci”.

Detenuti, situazione carceraria

Nel penitenziario di Marassi la situazione non è delle migliori. L’incremento medio, difatti, è di circa 30 unità ogni 15 giorni. Il sovraffollamento ovviamente non permette di seguire da vicino i movimenti dei detenuti. Detenuti che, anche questo motivo, si sentono maltrattare senza avere i propri diritti rispettati. Il diritto, ad esempio, di vivere all’interno di un luogo che già priva di libertà e che, proprio per questo, non dovrebbe essere una sorta di macello. Celle stracolme significano anche tentativi di suicidio. Un detenuto ha provato a darsi fuoco proprio quest’anno per protesta alle gravi mancanze.

Ed è proprio Pagani che a gran voce si rivolge al ministro Orlando: “Se dovessimo registrare ancora silenzio ed indifferenza quella della protesta sarebbe un percorso inevitabile. Dovremmo essere in 452, ma invece siamo solo 258 ed è per questo che chiediamo reintegro immediato dei colleghi che sono stati distaccati senza motivo. Tra l’altro l’amministrazione penitenziaria impone servizi straordinari e poi non provvede a pagarli”

Detenuti, suicidi

“Si uccide chi conosce il proprio destino e ne teme l’ineluttabilità”, scrive l’Associazione ‘A Buon Diritto – Associazione per le libertà’. Una ragione questa che molti operatori, anche medici, sembrano non comprendere additando allo squilibrio mentale. Solitamente la risposta a chi tenta il suicidio in carcere è l’isolamento nelle celle completamente vuote, oppure il ricovero in psichiatria, ove il paziente viene immobilizzato nel letto con metodi poco ortodossi o, meglio, che ricordano un antico passato medievale o, più recentemente, pre legge Basaglia.

La maggioranza dei suicidi appena arrestati con quelli che stanno per terminare la pena è la mancanza totale di prospettive, seppure in situazioni molto diverse tra loro.

Nessuna prospettiva di poter tornare a vivere nella vita “normale”.