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L'Aquila: l'anniversario dal tragico terremoto

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Il 6 aprile del 2009 avvenne la tragedia del terremoto dell’Aquila. Così è cambiato nove anni dopo? Ben poco, anche perché ci sono ancora le scosse.

Alle 3.32 del 6 aprile 2009, L’Aquila – e con essa l’Italia intera per lo choc – veniva devastata dal terremoto. Trecentonove le vittime accertate. Da allora le scosse, nel capoluogo abruzzese, non si sono “mai” fermate e la popolazione vive ancora in difficoltà e con la paura.

Man mano che si avvicina alla città, si vedono subito le gru, annunci d’apertura dei cantieri di ricostruzione e i danni agli edifici lasciati dal sisma. Per non parlare dei rumori provocati dai macchinari edilizi in azione e dei problemi dovuti alla situazione stradale.

In quei drammatici per non dire tragici giorni, è stata fondata da un abitante del posto, Alfredo Ranieri Montuori, allora 58enne, con molti altri suoi concittadini l’Associazione L’Aquila siamo Noi, per far rivivere la città e continuare i rapporti di collaborazione con i vari Paesi che l’hanno aiutata a seguito del terremoto. Alfredo ne è il vice presidente.

Il racconto di un sopravvissuto

Alfredo Ranieri Montuori racconta che quella maledetta notte, stava dormendo con la sua compagna, quando hanno sentito la prima scossa. L’Aquila si trova in una zona sismica, perciò gli abitanti non hanno dato peso, nel sentire tremare la terra una volta: “Da mesi c’erano scosse ogni giorno, era diventata quasi una scommessa indovinarne la magnitudo”, dice Alfredo con amara ironia in un’intervista su Vanity Fair.

Alfredo Ranieri Montuori

Ricorda di non aver avuto paura di morire ma, quello sì, di essere rimasto “attonito” davanti alla potenza distruttrice che può avere la natura, ed è così ancora oggi. Le prime luci dell’alba sono state per lui “una liberazione” dopo una notte da incubo, anche se poi è cominciata la conta delle vittime e dei danni.

Alfredo e la compagna hanno trovato il coraggio di fare ritorno nella loro casa solo nel luglio scorso, dopo vari spostamenti: dapprima si erano adattati a dormire in macchina per due settimane nel loro giardino, poi un mese in alcuni vagoni cuccetta messi a disposizione dei terremotati dalla vicina stazione ed infine in un camper a Bologna. Ora vivono in una zona sicura, ma la paura resta.

L’uomo intende con molti altri far rinascere la sua città, ma non è certo facile, perchè dice “La normalità – dopo il terremoto, ndr – non è più tornata”. Riferisce che sono centinaia le aziende che hanno chiuso definitivamente, così pure una quarantina dei mille negozi che c’erano, nonostante i bandi e i finanziamenti per aiutarne i gestori.

Dall’Aquila se ne sono andati moltissimi professionisti – come lui, che è consulente per la sicurezza aziendale ed istituzionale -, tante famiglie, molte delle quali con bambini piccoli, che sarebbero stati una speranza di crescita per la popolazione. Lui dice di non riconoscere più la città in cui è nato e per tutti è come se esistesse un “prima” e un “dopo” il terremoto“.

Luci ed ombre nel futuro

Alfredo Ranieri Montuori riflette sul fatto che manchi “una strategia comune, anche politica” per far risollevare la città, per esempio in ambito turistico e culturale. E conclude osservando che ora L’Aquila “non è più una priorità”, ma per i suoi abitanti certamente sì. Quanto tempo ci vorrà alla città per risorgere davvero?

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