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Le Iene, la tragedia di Erika: il marito le uccide i figli

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Il servizio di Nadia Toffa a Le Iene su una donna, Erika, a cui l’ex marito ha ucciso i loro figli, di 9 e 12 anni, per vendetta, bruciandone i corpi.

Dopo la grande paura per il tumore, Nadia Toffa è tornata al lavoro a Le Iene. Nella puntata di Domenica 25 febbraio ha raccontato la storia di una donna di Brescia, Erika, a cui nel 2013 l’ex marito ha ucciso per vendetta i loro figli, Davide e Andrea, di 9 e 12 anni, e poi ne ha bruciato i corpi.

Il racconto della donna

Il racconto1

Il racconto di Erika è minuzioso ed agghiacciante: prima l’uomo ha soffocato i bambini – “perchè quello era il suo metodo”, spiega la donna: più avanti vedremo perchè -, poi ha riempito il loro letto di benzina, dopo aver imbevuto degli stracci con lo stesso liquido e averli messi sotto i loro corpi.

I due non erano più insieme da tempo e in quei giorni era il turno del padre per tenere i figli. La madre ha rivisto Davide e Andrea in una bara bianca. “Loro si fidavano di lui – racconta Erika tra le lacrime – Non gli ha lasciato neanche il loro viso”.

Una tragedia che si poteva evitare

Andrea e Davide Iacovone

Oggi il padre, Pasquale Iacovone, è in carcere, condannato all’ergastolo, tuttavia Nadia Toffa fa presente che questa tragedia, forse si sarebbe potuta evitare, se qualcuno avesse ascoltato le decine e decine di richieste di aiuto di Erika. Ma vediamo com’è nata questa vicenda.

Come si erano conosciuti

Pasquale Iacovone

Erika e Pasquale si erano conosciuti durante una sera in discoteca oltre vent’anni fa e lei era rimasta colpita da questo bellissimo ragazzo, con gli occhi grandissimi. Alla domanda “Com’era con te?”, la donna risponde che presto si era dimostrato un tipo piuttosto irascibile e oggi ammette di aver saputo presto che non era il tipo giusto per lei, ma di non aver avuto il coraggio di lasciarlo perchè aveva paura della sua reazione. O meglio, ci aveva già provato prima di sposarlo, ma si era ritrovata “con le mani al collo e contro il muro”.

Oggi, quando Erika sente di donne vittime di violenza, si chiede come facciano a stare ancora con l’uomo che le maltratta, ma si rende conto di essere stata uguale a loro, con Iacovone.

Ciò che la fa star male, pensando soprattutto alla fine che hanno fatto i suoi figli, è capire “Quanta stupidità che ho avuto, perchè non sono riuscita a capire il pericolo che poi questa persona avrebbe potuto portare, un domani, restando con lui”. L’amore che allora credeva di provare, non le ha fatto capire i campanelli d’allarme molto forti che c’erano stati, compresa addirittura la minaccia di strangolamento, come abbiamo visto.

Il parere della psicologa

La psicologa

Su questo ed altri casi simili, Nadia Toffa ha chiesto il parere di una psicologa e criminologa, la professoressa Annamaria Baldry, che parla di rischio volontà dell’uomo, in casi come questo, di annullare la donna: un rischio letale. Stessa cosa, ovviamente, se egli ha un’arma in casa o se la procura, minacciando quella che dovrebbe essere la sua compagna di vita e pensando al gesto di ucciderla come possibile.

E Iacovone ara arrivato a minacciare Erika sia con il coltello che con la pistola, ma prima ancora si era dato al gioco, diventando dipendente dalle slot machines. Finchè la moglie non è stata chiamata dal direttore della banca, che l’avvertiva che il marito le aveva prosciugato il conto. E il gioco d’azzardo può essere un amplificatore della violenza, spiega ancora la professoressa Baldry, perchè perdendo soldi, si accumula rabbia e in un soggetto già violento può diventare molto pericoloso.

Lì, per la prima volta, Erika ha trovato il coraggio di dire al marito che voleva separarsi: erano in camera a letto, una sera, e lui ha tentato di soffocarla. Intanto la insultava e le diceva che quello era ciò che l’aspettava, se lui l’avesse lasciata.

Il meccanismo psicologico

A maggior ragione, in casi come questo, avverte la dottoressa Baldry, il rischio è che la donna che si sente dire più volte “Ti uccido”, non ci faccia più caso e si assuefaccia. Idem per i gesti di violenza ripetuti: ecco che l’allarme diventa ancora più forte.

E ogni volta che c’era una discussione con Pasquale, Erika si ritrovava con le mani al collo, per poi chiederle scusa un’ora o due dopo, negare l’evidenza di averle fatto qualcosa di grave e di averle messo le mani addosso. Si metteva a piangere e diceva di amarla: cercava insomma di inculcarle che lei non fosse in grado di pensare con la propria testa e che avesse ragione lui.

Nonostante questo, Erika non voleva chiedere aiuto, far “soffrire altre persone per una mia decisione sbagliata”, che lei vive come un fallimento. Un fallimento che tuttavia, chiarisce la dottoressa Baldry, non è della donna, perchè quegli uomini, che poi si dimostrano violenti, hanno l’abitudine di mostrare la parte migliore di sè per ingannarle. La donna, però, non deve neanche credere alla fiaba del principe azzurro.

Erika è andata avanti a non chiedere aiuto per tre o quattro anni. I genitori, che vivono nell’appartamento sotto la coppia, sentivano urlare la figlia, ma non pensavano che il genero sarebbe arrivato ad uccidere. E delle mani al collo non fanno rumore.

L’unica era stata sua madre, a provare a chiederle come andasse – Erika era arrivata a pesare 40 chili, ad avere attacchi di panico -, ma lei non ammetteva ancora la situazione. Finchè, non ce l’ha fatta veramente più: ha raccontato tutto ai genitori e ha trovato la forza per lasciare Iacovone e mandarlo fuori di casa. Da lì è iniziato “l’incubo vero e proprio”: insulti, minacce – tra cui “Ti strappo il cuore” -, tentativi di strangolamento, quasi esclusivamente alla presenza dei bambini, dice il padre di Erika. Poi il tragico epilogo.