La mamma di Livio Cinetto, 16enne suicida per bullismo, ha parlato di come ci sia ancora troppa negligenza a riguardo da parte delle istituzioni.
La storia di Livio Cinetto
Livio Cinetto aveva solo 16 anni quando, il 3 giugno del 2012, scelse di togliersi la vita. Non ne poteva più dei continui attacchi da parte di giovani e spietati bulli che non lo accettavano, adolescenti come lui, tutti studenti dell’Istituto “Calabrese-Levi” di San Floriano, in provincia di Verona.
Livio, un ragazzino con qualche chilo più, era sbeffeggiato perché intellettuale, lettore accanito, che portava nella cartella l’ultimo numero della rivista Focus. E per questo motivo è stato preso di mira dai bulli, che lo hanno portato al suicidio.
Le parole della famiglia
Più volte la madre della vittima, Roberta Mazzi, ha provato a gettare luce sul suo dramma personale e quello del marito Stefano:
«Serve fare un passo indietro, ascoltare, capire, ripristinare la collaborazione tra famiglia, scuola e istituzioni. Rimettere il coperchio ad un vaso di Pandora, pieno di incomunicabilità, che abbiamo, forse senza consapevolezza, scoperchiato».
Inoltre, secondo la signora Mazzi oggi i ragazzi vanno ascoltati. È necessario dare loro il senso dell’impegno e del confronto.
La critica alle istituzioni
«Si parla, magari c’è interesse ma poi, nel concreto, nulla avviene. Eppure forse basterebbe tenerli attivi, farli incontrare e parlare, questi nostri ragazzi… […] Ascoltate, parlate, lavorate sulla persona. Non conta quante ore di lavoro possiate avere alle spalle».
Questa la critica di mamma Roberta mossa alle istituzioni e ad un sistema che non tutela i ragazzi che soffrono di bullismo.