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Lidl condannata per aver umiliato e licenziato una dipendente lesbica

Lidl

I vertici Lidl sono stati condannati perché una dipendente lesbica è stata licenziata e umiliata. Si è anche ammalata di stress da lavoro.

Una dipendente lesbica della Lidl è stata umiliata e licenziata, con tanto di battute a sfondo omofobo, fino ad ammalarsi di stress da lavoro. I vertici sono stati condannati.

Lidl condannata per aver umiliato e licenziato una dipendente lesbica

Sara Silvestrini, 42enne ex magazziniera Lidl a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, ha vinto la causa contro il colosso della grande distribuzione. La donna è stata sfruttata e maltrattata sul lavoro, costretta a subire cattiverie e battute omofobe, fino ad essere licenziata. Il giudice ha condannato caporeparto e dirigenti di Lidl, con un risarcimento per la vittima di mobbing omofobo e per la sua compagna Federica, danneggiata di riflesso dai problemi di salute di Sara. La donna ha lavorato alla Lidl per 10 anni, con un trattamento particolare, fatto di turni di notte imposti anche se non previsti dal contratto, rimproveri ingiustificati, battute omofobe e chiamate a qualsiasi ora. Sara si è ammalata di stress da lavoro. Una relazione dell’azienda ospedaliera universitaria di Verona ha parlato di “disturbo post traumatico da stress cronico reattivo a una condizione lavorativa che può essere inquadrata nelle molestie morali protratte”. La compagna ha spiegato che temeva potesse farsi del male. Nel 2014 è rimasta in casa per due mesi per il malessere e nel 2015 è stata licenziata.

La rivincita di Sara

La rivincita di Sara è arrivata. Il giudice ha conannato a tre mesi Emanuel Dante, capo reparto, e 500 euro di multa per i dirigenti Lidl Pietro Rocchi, Emiliano Brunetti e Claudio Amatori. La Lidl Italia è stata condannata come responsabile civile. Il giudice ha riconosciuto 30mila euro di provvisionale alla donna e danni da stabilire in sede civile per la compagna. Sara aveva presentato un certificato medico che la dichiarava inabile a sollevare pesi e lavorava soprattutto la notte, anche se il contratto non lo prevedeva. Dagli atti risulta che in una settimana la donna ha lavorato 38 ore più 39 ore extra. Le pressioni continuavano dopo i turni, con telefonate e messaggi a qualsiasi ora. Al caporeparto sono stati contestati insulti, strattoni, rimproveri e battute sessiste. Inoltre, la donna è stata molestata da un camionista. La difesa sostiene che Sara era stata risarcita dopo il licenziamento e che il rischio di stress da lavoro era tenuto sotto controllo da Lidl. “Io avevo sempre cercato di non commettere errori, restare lucida e non reagire, anche se le provocazioni erano tante. È molto dura quando un singolo si trova davanti a una società così potente. Quando impugnai il licenziamento, in cambio di 15mila euro cercarono di farmi firmare una liberatoria tombale, col tramite del sindacato, che liberava tutti da pretese e accuse. Capisco la Lidl, ma il sindacato… Così lasciai la Cgil, cambiai avvocato e con Stefania Gaudenzi ottenni 28mila euro e la parte penale è andata avanti con l’avvocato Alfonso Gaudenzi. Conosco tanti colleghi che hanno firmato per un tozzo di pane. Ma il mio consiglio è di restare lucidi” ha dichiarato Sara in un’intervista al Resto del Carlino.