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Aggressione Niccolò Bettarini, chieste condanne per 10 anni

Niccolò Bettarini

Il pm di Milano Elio Ramondini ha chiesto condanne a 10 anni di carcere per i quattro giovani aggressori di Niccolò Bettarini

Gli indagati sono Davide Caddeo, Alessandro Ferzoco, Andi Arapi e Albano Jakej. Sono loro ad aver aggredito Niccolò Bettarini, primogenito di Simona Ventura e Stefano Bettarini. Su di loro grava l’accusa di tentato omicidio, in seguito all’aggressione all’esterno di una nota discoteca nel cuore della città meneghina.

All’inizio dell’aggressione, ha messo sempre a verbale il ragazzo, “credo di aver sentito una voce che mi diceva ‘Ti ho riconosciuto, sei il figlio di Bettarini, ti ammazziamo’. Il gip Stefania Pepe ha riconosciuto l’aggravante contestata dal pm dell’aver “agito per motivi abietti (in quanto discriminatori) e futili, quali essere il figlio di Bettarini”. Quando il diciannovenne si trovava a terra, anche la sua fidanzata è intervenuta per soccorrerlo. Anche lei è stata picchiata e “le è arrivato un calcio in faccia dal ragazzo tatuato”, hanno messo a verbale i testimoni. Un altro degli amici di Bettarini “ha tamponato le ferite con la sua maglietta”.

Niccolò Bettarini, il processo

Martedì 30 ottobre 2018 il pm di Milano, Elio Ramondini, ha chiesto quattro condanne a 10 anni di carcere nel processo con rito abbreviato a carico dei quattro giovani aggressori del figlio di Simona Ventura e Stefano Bettarini. Il giovane era stato colpito con calci, pugni e otto coltellate lo scorso 1 luglio davanti all’Old Fashion di Milano. “Ho provato solamente rabbia nel rivederli e credo nella giustizia”. Questo il commento a caldo rilasciato da Niccolò ai cronisti.

Nell’udienza a porte chiuse tenutasi davanti al gip Guido Salvini, il pm ha ricostruito l’aggressione ai danni di Niccolò Bettarini, definendola “brutale”. Poi chieste le condanne a 15 anni, ridotte a dieci anni per lo sconto di un terzo della pena previsto dal rito abbreviato. Secondo le accuse, Davide Caddeo, il 29enne accusato di aver sferrato le otto coltellate, Alessandro Ferzoco, Andi Arapi e Albano Jakej, si erano “certamente prefigurati” che quel pestaggio e quei fendenti in “parti vitali” con una lama da 20 centimetri “avrebbero comunque potuto produrre conseguenze mortali”, anche in considerazione della “loro superiorità numerica e della violenza della loro azione”.