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Lovvare, hater e influencer: le nuove parole della lingua italiana

Le nuove parole della lingua italiana

Il vocabolario Treccani ha riconosciuto 3505 nuove parole della lingua italiana, in gran parte provenienti dall'estero e dal mondo del web.

Sono 3505 le nuove parole riconosciute dal vocabolario Treccani come neologismi della lingua italiana. Il dizionario, articolato in tre volumi e redatto da Valeria Della Valle, Giuseppe Patota e Giovanni Adamo, è una fotografia del Paese che cambia e che si esprime in modo diverso perché diverse sono le persone che lo compongono. Cittadini sempre più attratti dal mondo del web, dal quale provengono termini come influencer, il personaggio popolare a cui tanti guardano con ammirazione. E quando, invece, l’astio nei confronti delle celebrità arriva all’odio, ecco che entrano in gioco gli haters, gli “odiatori”, che sfogano rabbia e frustrazione protetti dall’anonimato che Internet garantisce.

Parole nuove, raddoppiano i forestierismi

Circa il 20% dei neologismi entrati a far parte della lingua italiana proviene dall’estero, in modo particolare dagli Stati Uniti. Segno che la cultura americana continua a esercitare una forte attrattiva sul Bel Paese. Dal 2008, quando i vocaboli stranieri rappresentavano solo il 10% dell’italiano, i linguisti hanno registrato una crescita notevole grazie, soprattutto, ai nuovi mezzi di comunicazione. Spesso le parole angloamericane vengono utilizzate così come sono anche dagli italofoni. In altri casi si assiste a un adattamento, come drinkare al posto di “bere”, lovvare per “amare” e postare invece di “pubblicare (online)”.

Non mancano, però, anche i neologismi introdotti dai giornali, anche cartacei. Tra questi spiccano dronista, termine con cui si indica la persona in grado di pilotare un drone. Si deve a Massimo Gramellini l’introduzione di zerbinocrazia. Gli amanti della lettura saranno felici di sapere che è stato coniato anche il termine libridine, ovvero il desiderio smodato per il possesso di molti volumi.

Il blogger “In rete sempre meno parole”

C’è anche chi, però, mette in guardia dal rischio di utilizzare sempre meno parole, soprattutto in rete, dove predominano le immagini e la comunicazione veloce. “Pensiamo ai meme, sorta di moderni geroglifici che sintetizzano intere frasi con un’immagine. Riducono la capacità di concentrazione”, spiega il blogger e regista Claudio Di Biagio. “L’entrata dei neologismi nel vocabolario Treccani non è necessariamente segno di un uso comune dei termini. Bisogna vedere quanto i nuovi vocaboli sono effettivamente compresi dalla gente”.