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Michela Giraud, dall'Educazione Cinica alla Stand Up Comedy

Michela Giraud: l'intervista

Per il ciclo di interviste "Comedians" ospite di Notizie.it è Michela Giraud, standup comedian tra Tv e Live.

Del comico, in qualità di pubblico, prendiamo spesso solo ciò che ci arriva: l’irresistibile, almeno per la maggior parte delle volte, stimolo di ridere. La risata è fulcro e discriminante di un lavoro che nasconde la sua complessità. Cosa si cela dietro il personaggio che sale sul palco? Quanto è vero ciò che dice? Qual è lo sforzo che si cela dietro la scrittura di un pezzo comico?
Michela Giraud avrebbe potuto rispondermi facendo spallucce, lasciandomi nel mio “mistero buffo”, che Dario Fo non me ne voglia. Invece è stata chiara: “È questa la comicità, prendere le cose che non vanno bene e riderci sopra”.

L’intervista a Michela Giraud

La risata per me è stata la salvezza“. Definire cos’è la risata per un comico è difficile, perché spesso il concetto fugge da una semplice idea di palco e pubblico. Non è solo l’obiettivo del lavoro di un comico, ma è come se avesse anche un effetto retroattivo o comunque più ampio, quasi come una fuga: “Mi ha aiutato a sfuggire da un mondo che non sentivo mio. All’inizio non lo sai, ma con il senno di poi credo che la risata per me sia stata questo”.

Il lavoro del comico è anche un lavoro di scrittura che solo in un secondo momento diventa parola. Ciò che sta dietro ai nostri applausi, dietro quella figura che impugna il microfono, esiste un processo che il pubblico non può vedere, ma che percepisce in seguito tramite l’interpretazione. “Ogni volta che c’è qualcosa che a me non piace, quando sento un bisogno particolare, scrivo. La scrittura per me è la terapia un po’ per tutto”. E anche la scrittura, come qualsiasi abilità in qualunque lavoro, subisce un cambiamento e un’evoluzione. “Quando ho iniziato a scrivere con il mio maestro Saverio Raimondo, ero molto più precisa, tentavo di inanellare in modo tecnico le battute. Crescendo, ho capito che è meglio buttare giù tutto come se fosse un vomito“.
In questo processo di scrittura ricade inevitabilmente la romanità, ma non come “romanocentrismo”, mette in guardia però Giraud. “È ovvio che la romanità per me sia centrale, sono nato lì, ma la uso come mezzo con il quale racconto una realtà più ampia”. Non come orizzonte finale della sua narrazione comica, ma come carta di tornasole di qualsiasi situazione che vive anche il pubblico.

L’attenzione della Tv alla comicità

Particolarissima, poi, la situazione in cui verte l’attenzione della tv italiana nei confronti della comicità. I grossi pilastri delle prime serate, dice la Giraud, sembrano essere gli unici a creare un piccolo spazio per i giovani comici. Ma anche questa disponibilità rimane esigua rispetto al numero di professionisti della risata che ospita l’Italia.
Il confronto con l’America è presto fatto, visto che oltreoceano l’attenzione verso la comicità sembra fervida e molto meno perbenista.
“Ma è l’Italia, arriviamo alle cose sempre quattro anni più tardi”.