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Bocelli ha sbagliato, ma questo non ci autorizza a prenderlo in giro perché è cieco

andrea bocelli covid cieco

Chi ironizza su Andrea Bocelli dimentica che il vero cieco è proprio quel paese che lavora su piani simili per alimentare la sua dialettica interna.

Che Andrea Bocelli sia incappato in una gaffe maiuscola è fuori di ogni dubbio. Una gaffe al fulmicotone che non fonda tanto sul merito di quello che ha affermato, quanto piuttosto sull’incapacità assoluta del nostro, ce lo conceda, di ‘tenere la nota’. Cioè di capire, soprattutto in tema di Covid, una cosa. Che cioè esistono ambiti di affermazione, semitoni della dialettica su cui innescare ed incentivare la possibilità di equivoco è vietato con grossi paletti di pericolo. Pena una stecca maiuscola. E Bocelli, che è uomo di spettacolo, avrebbe dovuto conoscere più di tutti il potere malefico della fascinazione di alcuni concetti, soprattutto in un’epoca in cui social e umori di volgo sono come la fama descritta da Virgilio: un mostro che nasce pulcino e diventa dragone in un batter d’occhio.

Bocelli non ce n'è coviddi

Quindi teniamo la faccenda cassata e diamo per certo che il tenore abbia detto una stronzata: inopportuna, offensiva per le categorie coinvolte e facilona nell’intento di pancia sparato di getto in un luogo istituzionale. E in questo senso possiamo considerare sedimentata anche l’inevitabile coda mainstream che al fatto c’è stata in queste ore, con Bocelli che ha aggiustato il tiro. Lo ha fatto un po’ per auto consapevolezza un po’ perché se sei una star puoi permetterti un ufficio stampa e spin doctor che ti evitano le cappellate. O che conoscono il tipo di cerotto adatto alla bisogna quando proprio non le riesci a tenere.

Bocelli mondello

In Italia però esistono dolenti note che scavalcano sempre l’attenuarsi di certe polemiche o i tentativi di chi le ha innescate di metterci rimedio. E quelle dolenti note sono sempre, inesorabilmente suonate sullo spartito becero dell’offesa mirata. E non di quella generalista e concettuale, che già di per se è budello in discesa verso gli istinti più bassi del nostro popolo. No, lo spartito che viene tirato fuori ogni volta che una certa fetta di italiani social deve deprecare un personaggio che si è messo in tacca di mira è quello del cecchinaggio malevolo. Della ricerca del difettto in pratica, della tara che emendi lo sconcio di un ragionamento frettoloso si, ma di certo figlio di un’azione intellettiva, non di un rutto di malvolenza. Una sorta di anatema ad hoc che nel caso di Bocelli ha inevitabilmente chiamato in causa la sua cecità.

covid bocelli salvini

E vai dunque con il giochino velenoso di contrattaccare uno che ha detto una stronzata non con la serena e cartesiana antitesi al suo strologare, ma con il misero giochino di fare pappa di una sua debolezza, di un suo difetto, della maniglia che quella persona impugna nel viaggio quotidiano verso il suo personale inferno. E accade con tutti ormai, a fronti equiparati. La Meloni ne spara una? La si dileggia per gli occhi globiformi. Grillo va in vaticinio mattoide più del solito? Tocca alla sua panza, o alla progenie indagata. Tutto in una ricerca lombrosiana delle migliori vergogne della persona da attaccare, vergone che rimettano le cose a posto non secondo logos, ma secondo la pulsione baccante del ‘Tiè, becca maledetto’.

E non ci si accorge che il vero cieco è proprio quel paese che lavora su piani simili per alimentare la sua dialettica interna. Ed è un peccato doppio perché è un paese che cieco non lo era dalla nascita.