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Hit project, il progetto europeo contro l'incitamento all'odio online

Hit project Italia

Nell’intervista esclusiva, Enzo Pellegrini ha parlato del progetto UE per interrompere l’hate speech: empatia e condivisione sono le parole chiave.

Le parole sono importanti, ripetono in molti. Uniche e sempre diverse, ogni parola racconta una storia e apre davanti a sé molteplici sfumature. Eppure, troppo spesso, vengono usate con poca attenzione. Pronunciate alla rinfusa, spesso caoticamente, con un eccesso di leggerezza, cattiveria e superficialità. Per odiare, non servono solo i gesti. L’odio passa anche attraverso le parole e il web, il vero mare magnum dei giorni nostri, diventa veicolo di facile diffusione. L’odio mette i brividi e i dati lo confermano: tra il 25 aprile e il 17 giugno 2020 si contano 679mila contenuti d’odio pubblicati su Twitter da 150mila utenti. Un sentimento spregevole che sporca l’anima, macchia la sua purezza e trafigge il cuore. Un odio che si declina in generi differenti, dalle questioni razziali all’omofobia, dagli insulti sessisti a moltissime altre forme di bullismo. Lo sanno bene i ragazzi che hanno preso parte a Hit project, Hate Interrupter Teams, un progetto europeo contro l’incitamento all’odio online che è stato sviluppato anche in Italia.

Il più debole e colui che viene percepito come “diverso” diventano capro espiatorio di un male viscerale che avvolge fino a soffocare. Paura e ignoranza, unitamente alla mancanza di riferimenti e ai pregiudizi più diffusi, spesso stanno alla base degli atti d’odio che dilagano online. L’hate speech sta diventando la cifra che caratterizza molte interazioni virtuali, veicolato enormemente anche dall’uso indiscriminato dei social network. Lo sconosciuto spaventa perché si allontana dal conformismo a cui siamo abituati, distorce la monotonia che abbiamo costruito e invada la nostra zona comfort. Diventa quindi necessario elaborare una visione dell’altro. Bisogna predisporsi e scoprire la sua alterità, che mette in discussione la mia individualità.

Il contatto concreto e l’esperienza in prima persona possono essere il miglior antidoto contro i pregiudizi e il modo più opportuno per fare conoscenza dell’altro. L’empatia e il bello della condivisione, invece, sono il segreto contro l’odio

In esclusiva, l’intervista al responsabile del progetto in Italia, Enzo Pellegrini, il quale ha spiegato la campagna creativa a cui Mulab, organizzazione no profit, ha dato vita.

Hit project arriva in Italia

Hit è una campagna creativa per formare i ragazzi sui temi dei diritti umani e sensibilizzare su odio e discriminazione. È nata così una squadra di interruttori dell’odio. Attraverso la creatività è possibile contrastare l’hate speech, declinato nelle sue molteplici forme. Hit project in Italia ha preso forma in spazi non convenzionali, nei quali è stato possibile apprendere e divertirsi. Per questo motivo, il ringraziamento va, tra gli altri, all’Associazione Civico Zero, i musei Maam e MaTeMù di Roma, fino a Unicef, al centro giovanile Il Cantiere e la cooperativa Folias. Con le iniziative proposte, i ragazzi hanno scoperto che l’apprendimento non è solo un processo individuale, ma può rivelarsi un’esperienza collettiva, nonché occasione di conoscenza tra pari.

Così sono nati degli ambienti condivisi in cui i giovani, veri protagonisti del progetto, si cimentano in discussioni e attività interattive. Tra questi, il digital storytelling per affrontare un tema come l’immigrazione e i viaggi. Così i giovani si sono espressi elaborando contenuti e messaggi di accoglienza ed empatia. Il confronto che ne è nato ha permesso di individuare gli stereotipi oggi più comuni e di giudicare criticamente l’attualità. In tal modo, i ragazzi hanno potuto elaborare un proprio pensiero e imparare a reagire. Hanno capito quali sono le radici dell’odio, che pervade il web ma sfocia nella vita quotidiana di tante persone, più o meno giovani.

Gli obiettivi di Hit project Italia

Hit project Italia è un progetto europeo fornisce ai giovani le conoscenze e i mezzi necessari ad arginare l’incitamento all’odio online. Attraverso la creazione di gruppi di giovani interruttori dell’odio, Hit non agisce solo come strumento per l’educazione digitale all’uso delle parole, ma rappresenta l’occasione per milioni di ragazzi di invertire la rotta del web nel nome della creatività, della libertà e del rispetto della dignità, contro ogni forma di discriminazione. Sul web, in particolare, ci si scontra con una valanga d’odio che ha colpito milioni di utenti.

Per i nove partner europei che promuovono il progetto ci sono associazioni accomunate dall’obiettivo di contribuire a una migliore comprensione dell’incidenza dell’incitamento all’odio contro i migranti e altri gruppi di minoranza. Ma anche sensibilizzare attorno al problema e promuoverne la prevenzione. A portare avanti Hit project in Italia c’è Mulab, associazione no profit che svolge attività di ricerca, promozione e formazione nel settore dell’industria culturale.

La lotta contro l’hate speech

Per capire quanto è forte il problema dell’hate speech e comprendere la nascita del progetto è interessantissima la testimonianza di Enzo Pellegrini. “Da tempo abbiamo capito che l’hate speech, soprattutto online, è un fenomeno preoccupante e spaventoso da tenere sotto controllo. Due anni fa ci è stato approvato il progetto che ora è nella sua fase conclusiva. Adesso parte la campagna creativa, con i contenuti realizzati dai ragazzi. Noi operiamo nel settore delle imprese culturali e creative e abbiamo fatto diversi progetti di formazione. Abbiamo voluto usare il potenziale creativo dei giovani per produrre contenuti che avessero un significato importante e che potessero condurre ad avere più consapevolezza in merito a determinate problematiche”, ha spiegato il responsabile.

“Il progetto mira anche alla formazione dei ragazzi sui diritti umani. Abbiamo anche voluto capovolgere la frittata: a noi interessa soprattutto la creatività. Nei corsi di formazione offerti, i ragazzi hanno potuto divertirsi”, ha precisato. Il risultato?Grande entusiasmo da parte dei giovani, anche perché loro erano i veri protagonisti e noi assecondavamo le loro idee. I ragazzi hanno voluto entrare in contatto diretto con chi ha davvero vissuto certi problemi. Così hanno potuto metterci le mani e capire concretamente. Così abbiamo organizzato attività in collaborazione con altre organizzazioni che si occupano più specificamente di migranti, rifugiati politici o minori non accompagnati. Hanno toccato con mano determinate realtà, così c’è stato il trasferimento di un’esperienza e la conoscenza di un vissuto”.

I luoghi per la formazione

Parlando di Hit project in Italia, Enzo Pellegrini ha poi tenuto a sottolineare: “Deliberatamente abbiamo scelto luoghi non convenzionali per la formazione, che spesso avviene in luoghi deputati come scuole e università. Ma la formazione può avvenire dappertutto. Si è rivelato perfetto un centro giovanile come Il Cantiere o un’organizzazione come Civico Zero, dove i ragazzi hanno trascorso un’intera giornata confrontandosi con coetanei che hanno vissuto il dramma della migrazione”. Lavorando secondo questo percorso “abbiamo permesso ai ragazzi di fare esperienza diretta, lasciando alle spalle i giudizi”.

Con l’incontro e grazie alle discussioni nate tra i ragazzi coinvolti nel progetto, è stato possibile trovare delle risposte e comprendere la gravità di alcune situazione che diramano nella rete. Di fronte ai messaggi d’odio bisogna in primis segnalare l’accaduto e denunciare. Mai buttare nel dimenticatoio chi ferisce. Con prodotti digitali e contenuti di empatia, vengono elaborati messaggi alternativi, contro odio e fake news. Stare insieme è il vero segreto contro l’hate speech. Chiaro lo slogan su cui hanno fatto leva gli organizzatori: “Se non sta succedendo a me, allora non sta succedendo”. È questa la sensazione diffusa oggi. Una barriera da abbattere per imparare a prendersi cura dell’altro e comprenderne i problemi.

I numeri dell’odio

Dalla Camera dei Deputati si è tenuta la conferenza stampa per presentare Hit. Scoprendo che durante la pandemia si è registrato il +200% di accesso a siti con chat e discorsi di odio, Enzo Pellegrini ha spiegato: “Il lockdown si è rivelato una sorta di gabbia. In molti non trovavano sfoghi per esternare le proprie ansie. L’uomo è un animale sociale, ma chiuso in gabbia incanala rabbia e ansia. Non riuscendo a gestire le proprie emozioni, potrebbero esserci certi attacchi d’ira. Spesso si tratta di reazioni conseguenti alla mancanza di ascolto o l’incapacità di mettersi sulla stessa lunghezza d’onda”.

Ma il segreto sta “nell’empatia”, nella capacità di astenersi dai giudizi e non lasciarsi influenzare da essi.

Il commento di Emma Bonino

Anche Emma Bonino ha commentato il Hit project Italia, evidenziando l’importanza di valorizzare e sostenere gruppi di giovani che si muovono contro l’odio.

La senatrice di +Europa, infatti, ha dichiarato: “Oggi l’incitamento all’odio e alla discriminazione si manifestano anche nelle più piccole sfumature del linguaggio. Stare attenti alle parole significa stare attenti ai diritti dell’altro, alla sua identità, al rispetto che è dovuto alla dignità di ogni essere umano”.

Quindi ha tenuto a sottolineare: “Ecco perché un’iniziativa come quella portata avanti dai ragazzi di Hit, progetto finanziato dalla Commissione europea, arriva in un momento quanto mai opportuno”. Per la Bonino si tratta di una “speranza per tutti coloro che hanno a cuore la libera e corretta informazione nel nostro Paese”.

Mulab e i suoi progetti

Hit project in Italia ha avuto l’appoggio di Mulab, che a sua volta ringrazia le tante associazione che hanno offerto il proprio prezioso supporto. Si tratta di un’organizzazione no profit da anni impegnata in progetti importanti volti a sensibilizzare su questioni e temi altrettanto significativi.

“Mulab esiste dal 2003. Inizialmente siamo stati un’agenzia accreditata di formazione e abbiamo anche organizzato diversi Festival. Siamo un’organizzazione sui generis, fuori dal comune. Ci è piaciuto molto lavorare in contesti internazionali. È stato bello viaggiare e realizzare progetti europei nell’ambito del settore creativo artistico, per esempio Erasmus Plus. Operiamo all’interno di contesti non convenzionali per la formazione: ci piace portare i ragazzi in alcuni luoghi speciali e generare confronti fra loro”. Infatti, Enzo Pellegrini ha precisato: “Ritrovandoci in luoghi non adibiti alla formazione per fare formazione, essi offrono uno stimolo in più ai ragazzi, che sono più incuriositi e forse si sentono anche più libri rispetto alla sensazione che provano quando sono in aula. Vogliamo sviluppare la loro creatività e il loro pensiero critico”.

E alla Mulab hanno a cuore il “trasferimento di competenze e conoscenze statali. Molte delle persone che lavorano ai progetti di Mulab sono state inserite all’interno delle nostre attività formative e ora sono loro i mentori. Si verifica una sorta di ciclo continuo.

La storia dell’organizzazione

Da anni l’organizzazione no-profit della quale ha parlato Enzo Pellegrini realizza progetti culturali e creativi, attività di ricerca, sviluppo, networking e formazione nel settore dell’Industrie Culturali e Creative. È un’associazione di professionisti dello spettacolo e operatori culturali che mette la propria esperienza al servizio della formazione e del riconoscimento professionale di coloro che intendano operare in questo ambito. L’associazione si ispira, in tutte le sue attività, a principi di sviluppo culturale e sociale sostenibile e solidale ed è associata a Banca Popolare Etica.

Da un decennio, Mulab approccia il mondo della cultura e dello spettacolo in una dimensione internazionale. Implementa attività di formazione informale e non-formale volte ad introdurre le persone nel settore creativo e culturale. Quelle di Mulab sono iniziative importanti e cariche di speranza: l’ingrediente giusto soprattutto in una situazione tanto delicata come quella che stiamo vivendo attualmente.