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Moonage, il nuovo album: "Suoni anni Ottanta e attenzione ai giovani"

Moonage nuovo album

Nell'intervista esclusiva la giovane band milanese ha svelato molto di sé e presentato il nuovo album, "E in fondo, che differenza fa?".

Solarità, allegria, voglia di raccontare e raccontarsi: così i Moonage nell’intervista esclusiva hanno presentato il loro nuovo album, “E in fondo, che differenza fa?”. I quattro ragazzi si sono fatti conoscere per la loro simpatia e l’entusiasmo che li contraddistingue. Non sono mancati i sorrisi, ma sono trapelate anche confidenze e un’evidente passione per la musica. Così i Moonage hanno raccontato il percorso che li ha portati fino all’album, in cui uniscono la poeticità delle parole a un sound assolutamente incalzante e coinvolgente. Mantenendo un occhio sulla tradizione, propongono anche tante novità. I Moonage non sono mai banali e sanno sempre trasmettere una sana dose di solarità: il nuovo album, “E in fondo, che differenza fa”, ne è la prova.

Moonage presentano il nuovo album

Un bellissimo traguardo per i Moonage quello che li ha portati all’uscita del loro disco, “E in fondo, che differenza fa”. Sul lavoro portato avanti per dare vita all’album, i ragazzi hanno spiegato: “L’album è stato scritto negli ultimi due anni e segue momenti differenti della nostra vita. Dalle cover cantante con le classiche band adolescenziali alla grande unione che nel tempo è venuta a crearsi tra noi quattro. Nel 2016 ci siamo uniti, proponendo sonorità più moderne, ma anche facendo nostri i sound degli anni Settanta e Ottanta. Così siamo arrivati a un punto più maturo, fino al contratto con la Sony nel 2016.

Ma per loro che cosa fa la differenza? “Le nostre canzoni sono un punto di stallo tra il romanticismo e il cazzeggio. Ma che differenza fa se siamo più propensi all’uno e all’altro? Ed è così anche con la musica. È un gioco o un lavoro? Ma in fondo, che differenza fa? Al contempo, vogliamo lanciare un messaggio sull’incertezza di oggi. Lanciamo una provocazione adatta ai tempi odierni, fatti di confusione, tante domande e poche risposte. Tutti possono dire la propria e così si abbattono i confini tra chi davvero ha le competenze e chi non le ha. Lo stesso succede nella musica: con un computer tutti potrebbero definirsi musicisti. Se tutti oggi possono fare tutto, che differenza fa? Si perdono i confini”. Così il loro titolo assume un carattere “polisemantico”.

Hanno sottolineato che il brano strumentale con cui si chiude l’album, è “nato interamente durante la quarantena. Composto in una stanza buia e depressa. Chiudere con una strumentale significa proporre la colonna sonora del film della nostra musica. Noi siamo appassionati alle melodie e feticisti dei suoni. Con il brano si chiude un capitolo, ma questo segna anche un nuovo inizio: è una bella anteprima di quello che verrà. È la traccia che simboleggia la nostra anima. È anche un rito propiziatorio: è la speranza che qualcosa accadrà“. Un bel messaggio in tempi così difficili, in cui mancherà persino la serenità, la gioia e la magia del Natale, capace di portare con sé spensieratezza e condivisione. In vista di festività che si prevedono grigie e difficili, con blocchi e limitazioni, le parole dei Moonage sono la giusta speranza. Parlando di sé hanno confidato: La nostra originalità è fare quello che ci piace: non omologarsi e poter trovare il proprio spazio restando davvero unici, originali e sé stessi non è facile. Anzi, è questa la vera sfida”.

La dignità delle nuove generazioni

Canzoni nate nel cuore del primo lockdown, registrate con il cellulare e poi sistemate minuziosamente attraverso un curatissimo lavoro di post produzione, con il quale sono state inserite le voci. Erano lontani, ma si sono perfettamente adattati ai tempi anomali degli ultimi mesi.

“Dimmichenesai” è uno dei brani in cui i Moonage più possono riconoscersi. Mantenere la propria unicità non è facile, soprattutto in un mercato che detta leggi stringenti e spesso condanna a una diffusa omologazione. Una canzone in cui si prendono le difese delle nuove generazioni, che troppo spesso si sentono inappropriate e inadatte. I Moonage hanno mai provato una simile sensazione? “Secondo alcuni esperti la lotta di classe è stata superata e sostituita da quella generazionale. Le nostre canzoni non nascono con un’intenzione: solo una volta finite riflettiamo sul messaggio che racchiudono. Inconsciamente, quando abbiamo scritto “Dimmichenesai”, abbiamo capito che potesse essere la giusta risposta allo scetticismo delle generazioni a noi precedenti, secondo le quali i giovani sono spesso senza riferimenti. Anche i musicisti appaiono agli occhi di molti come gente senza futuro. Degli scappati di casa. Invece, anche noi abbiamo bisogno di ritrovare i nostri spazi e costruire il nostro futuro con quello che ci piace fare. Ogni generazione ha costruito in libertà il proprio domani: noi non possiamo essere i primi a cui viene impedito di fare quello che si vuole, dovendo obbedire a quello che altri ci dicono di fare”. Un testo impegnato, nato quasi involontariamente, ma che diventa un loro cavallo di battaglia.

Moonage nuovo album

Il futuro dei Moonage

I Moonage, dopo l’opportunità della Sony e il nuovo album, sono soddisfatti dello spazio che si sono ritagliati? “Siamo solo agli inizi”, è la loro risposta. La nostra condizione di partenza è essere insoddisfatti: è il motore che ci ha spinto a rifare una base un milione di volte o riscrivere i testi in continuazione. Non siamo mai soddisfatti, perché vogliamo sempre di più. Ma hanno precisato: Siamo felici del lavoro fatto finora. Tuttavia, non essere mai sazi è la regola per poter lavorare sempre meglio. Felicità e insoddisfazione non sono in antitesi tra loro. Non siamo sufficientemente soddisfatti, ma siamo felicissimi”.

Poi la metafora calcistica: “I migliori allenatori sono quelli che, nonostante la propria squadra stia vincendo 6 a 0, a fine partita si infuriano con i propri giocatori, perché non abbastanza contenti della loro prestazione. Vale lo stesso per noi con la musica: se dovessimo arrivare a grandi numeri, cercheremmo sempre di spronarci, perché ogni volta potremmo fare meglio”.