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Paradise hills: trailer e uscita al cinema, e non solo in streaming

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In uscita Paradise Hills, con Milla Jovovich. Ecco il trailer e la recensione

É disponibile nelle sale italiane Paradise hills, film spagnolo mostrato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival 2019 e distribuito in Italia dall’Eagle picture il 2 ottobre 2020.

Il film è diretto da Alice Waddington, artista versatile fra la moda e il cinema, con alle spalle un solo cortometraggio del 2015, Disco Inferno, che però ha ottenuto 63 nomination nei festival di tutto il mondo.

Paradise Hill è una favola nera che mischia diversi generi: dal romantico, al drammatico per finire nel surreale, toccando persino lo sci-fi.

La storia parla di Uma che si risveglia in un’isola deserta, che si palesa essere una sorta di istituto psichiatrico correttivo, dove è stata mandata dalla madre per farle fare il lavaggio del cervello e farle accettare la proposta di matrimonio del ricco Son, che però Uma non ama.

Il cast di Paradise hills

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La protagonista Uma è interpretata da Emma Roberts, ancora poco nota nonostante le diverse esperienze acquisite. Su tutte quella con il regista Wes Craven in Scream 4.

Danielle Macdonald (Lady bird e Bird box) veste i panni di Chloe, una delle due compagne di stanza di Uma, oltre a Awkwafina (rapper e comica statunitense con origini coreane) nel ruolo di Yu.

L’enigmatico personaggio di Amarna viene preso da Eiza González, che nel 2019 ha preso parte a progetti come Fast & furios – Hobb & Shaw, Alita – Angelo della battaglia e quest’anno al cinecomic Blood shoot al fianco di Vin Diesel.

A chiudere abbiamo la modella Milla Jovovich, la star lanciata dalla saga cinematografica di Resident evil, e che solamente negli ultimi anni è ritornata in piccole parti, soprattutto quelle di antagonista, come in Paradise Hills e l’Hellboy del 2019 di Neil Marshall.

La trama del film

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Uma si risveglia su un’isola dove c’è questa enorme e lussuosa villa gestita da inservienti e con a capo la bella e sospetta direttrice chiamata “duchessa”.

Dopo i primi tentativi di fuga andati male, Uma si arrende al fatto di rimanere rinchiusa e scopre che lo sarà per i due mesi successivi, un tempo sufficiente affinché la sua mente venga ripulita dai suoi modi irruenti e aggressivi, così da essere pronta ad accettare la proposta di matrimonio fattale dal ricco e dispotico Son.

In questa prigione dorata, dove viene messa a dieta e dove le viene fatta fare attività fisiche rilassanti per lo spirito, come lo yoga, a Uma viene anche chiesto di confidarsi come a uno psicologo, così da “guarirla”.

Oltre a costringerla a guardare immagini di Son dove l’uomo compare come un principe azzurro senza difetti (sullo stile della cura Ludovico di Arancia Meccanica).

In questo centro ci sono altre ragazze, ma Uma fa amicizia con le compagne di stanza Chloe, Yu e anche con Amarna, pop star fatta ricoverare per presunti problemi di alcolismo.

Diverse scoperte sconvolgenti porteranno le ragazze a cercare la fuga, per scoprire infine una scioccante verità riguardante l’attività della direttrice, che coinvolgerà le loro stesse vite…

La recensione di Paradise Hills

Paradise Hills è un piccolo gioiellino che non passerà di certo inosservato.

Sotto il punto di vista estetico, l’opera prima di Alice Waddington risulta sorprendente.

Certamente il film appare come un mix di grandi capolavori come le opere di Tim Burton, Picnic a Hanging rock, Qualcuno volò sul nido del Cuculo e moltissimi altri, ma il modo in cui la regista riesce a gestire tutto questo la scagiona dall’aver saccheggiato a piene mani dal miglior cinema surreale, claustrofobico e sci-fi.

La villa in cui si ambienta la vicenda inquieta per i suoi colori chiari, che dovrebbero rilassare e che nei fatti si contrappongono alle azioni brutali degli inservienti del centro.

É tutto brillante in Paradise Hills, a partire dalle interpretazioni attoriali per finire alle musiche, passando per una regia avvolgente e inquietante.

Peccato per la sceneggiatura che è un’applicazione feroce e insensata del #metoo…

La banalizzazione che prende la trama (formare donne obbedienti e servili, intento a cui ovviamente le protagoniste, le “buone”, si oppongono vincendo), fa impallidire anche lo spettatore più disattento, soprattutto per l’ostentazione del #metoo che, fra stereotipi e forzature, compromette ogni aspetto della storia, rovinando un film che sarebbe potuto essere uno dei migliori del 2020.

Nonostante ciò, consiglio spassionatamente di andare al cinema per lustrarvi gli occhi di fronte ad un’opera di rara bellezza estetica.