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Il mio profilo migliore: trama e finale del film

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Recensione del film francesce Il mio profilo migliore, disponibile in streaming, diretto da Safi Nebbou con Juliette Binoche protagonista

Il mio profilo migliore è un dramma psicologico prodotto in Francia e presentato, fuori concorso, al Festival internazionale del cinema di Berlino.

Wonder Pictures l’ha distribuito in Italia.

Il film è scritto e diretto dall’esperto attore e regista francese Safy Nebbou (Dans les forêts de Sibérie)

Il cast

Il film è praticamente tutto nelle mani di Juliette Binoche (L’amore secondo Isabelle).

Non è la prima volta che le capita in carriera e non c’è nemmeno da stupirsi, la Binoche ha tutte le doti necessarie per fidelizzare il pubblico e portarlo a seguire l’intera vicenda narrata.

La splendida diva francese interpreta la docente universitaria Claire Millaud.

Del cast fanno parte anche François Civil (Ritorno in Borgogna), Guillaume Gouix (Midnight in Paris) e l’eterna Nicole Garcia (Belles familles)

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La trama del film

Claire Millaud, docente universitaria sulla cinquantina, divorziata con figli a carico, ha una relazione con Ludo, un uomo molto più giovane di lei.

Quando realizza che il ragazzo vuole solo del sesso occasionale, ferita nell’orgoglio, Claire decide di seguirlo sui social creandosi un falso profilo:

Clara Antunes, un’attraente ragazza di 24 anni.

Attraverso il profilo del ragazzo decide di provare a chattare con Alex, il migliore amico di Ludo.

Quello che inizia come un gioco diventa presto dipendenza, i due si scambiano messaggi continuamente, fino ad arrivare alle chiamate erotiche.

Claire è finalmente felice e innamorata, ma questo sentimento si basa su delle falsità.

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La recensione

Questo film ha sicuramente il merito di utilizzare un mondo di assoluta attualità come quello virtuale, dei falsi profili, per parlarci di un’umanità fragile, dolente e desiderosa di sentimenti.

Il mio profilo migliore è uno di quei lavori cinematografici che invita lo spettatore a porsi delle domande.

Non solo sull’ovvio piano emotivo e psicologico ma soprattutto su quello puramente espressivo legato allo sviluppo degli snodi narrativi.

Dal punto di vista strutturale colpisce l’idea d’inserire un colpo di scena a metà sceneggiatura che sembrerebbe fare andare il film su tutt’altra strada rispetto a quella percorsa fino a quel punto.

Successivamente, il racconto si prende la libertà di portarci fuori strada in almeno altri due momenti, incluso il climax.

Il finale, come tale, arriva in soccorso per dare la direzione ultima e definitiva, e permette allo spettatore di chiarire con se stesso quanto visto nei precedenti 100 minuti.

Una volta fatto questo, possiamo dire che Il mio profilo migliore vince le sfide più ardue ma perde quella più semplice.

All’inizio (durante la prima telefonata con Ludo) cade in una spiacevole e infame pozzanghera che sporca ogni cosa.