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Lupara bianca vittime: cosa significa

Lupara bianca

La pratica della lupara bianca è, purtroppo, ancora diffusa tra i killer mafiosi. Ecco a cosa ci si riferisce.

Con la locuzione “lupara bianca” si intende un tipo di omicidio di stampo mafioso, che prevede l’eliminazione fisica del corpo di una vittima. La pratica è stata introdotta, in particolar modo, dalle cosche di Cosa Nostra negli anni Quaranta del secolo scorso. Erano soprattutto i Corleonesi, facenti capo a Totò Riina, ad impedire il ritrovamento dei cadaveri utilizzando metodologie apposite. Negli anni, i casi di Lupara bianca sono stati moltissimi e, come detto, soprattutto nella Sicilia infettata dalla mafia, ma non solo. Alcuni casi sono stati registrati anche all’estero, sempre legati a persone e avvenimenti legati alla criminalità organizzata nostrana. Ma come avviene l’occultamento e quali tecniche vengono usate per impedire il ritrovamento della vittima? Vediamo.

La lupara bianca

Come abbiamo visto, la pratica di eliminare fisicamente il cadavere di una vittima è detta Lupara bianca. Il nome deriva dalla lupara, un fucile a canne mozze usato originariamente per dare la caccia a lupi e cinghiali e utilizzato anche come arma, soprattutto dalla criminalità organizzata siciliana e calabrese. Indipendentemente dal modo di esecuzione dell’omicidio, ogni corpo non ritrovato è inserito tra le vittime della lupara bianca. Tale espressione deve la sua origine al modo in cui il giornalismo degli anni Sessanta descriveva le sparizioni dei corpi per mano mafiosa. Da allora la locuzione si è diffusa diventando di uso comune. Gli omicidi terminati con l’occultamento del cadavere, nella storia della criminalità organizzata, sono diversi.

Le modalità di trafugamento dei corpi

Ma come avvengono le sparizioni? Abbiamo detto che l’esecuzione dell’omicidio non incide sulla definizione. In genere, una volta che il corpo è senza vita, viene trafugato usando mezzi ricorrenti. Tra le pratiche più scabrose e tristemente note, c’è quella di sciogliere la vittima nell’acido e poi sbarazzarsi dei resti in modo che non resti traccia alcuna del cadavere. Non solo, però. Altra prassi comune è quella di seppellire il corpo in zone remote, solitamente di campagna, dove il ritrovamento di tracce è altamente improbabile. O, ancora, nascondere la vittima in aree in costruzione premurandosi di far colare del calcestruzzo sui suoi resti. Infine, il corpo della vittima poteva essere gettato in bacini d’acqua come le paludi, assicurandosi che un peso non lo facesse riemergere.

I significati del gesto

Ovviamente, il fatto di trafugare il corpo affinché non venga mai trovato ha una duplice valenza. Innanzitutto, impedire il ritrovamento della vittima è un ulteriore colpo per la famiglia, che non sarà così in grado di celebrare il funerale e di dare degna sepoltura al caro. In secondo luogo, la mancanza del corpo diminuisce le possibilità per la giustizia di risalire al nome del killer. Ancora oggi, capita che vengano ritrovati i resti di qualche cadavere. Sono probabilmente da riferire alle vittime di lupara bianca degli anni e dei decenni passati.