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Mansplaining: cosa non dire ad un'astronauta della Nasa

Mansplaining: cosa non dire ad un'astronauta della Nasa

Fa ridere pensare a uomini che, con tono pomposo ed arrogante, spiegano a delle donne, esperte, come devono fare il loro lavoro. Certo, pensare che degli uomini possano spiegare a delle donne, professioniste ed esperte nel loro lavoro, come debbano svolgere il loro compito, fa ridere. Purtroppo i l...

Fa ridere pensare a uomini che, con tono pomposo ed arrogante, spiegano a delle donne, esperte, come devono fare il loro lavoro.

Certo, pensare che degli uomini possano spiegare a delle donne, professioniste ed esperte nel loro lavoro, come debbano svolgere il loro compito, fa ridere. Purtroppo i loro commenti non fanno che svelare preoccupanti preconcetti sull’inferiorità femminile.

Quando Jessica Meir, astronauta della Nasa e specializzata in fisiologia comparata, la scorsa settimana ha postato un tweet dove diceva di essere entrata “nella zona equivalente allo spazio dove l’acqua bolle spontaneamente”, un uomo, il cui profilo di Twitter dice che una volta è stato in uno space camp, una sorta di centro di apprendimento per ragazzi che da grandi vogliono fare gli scienziati, ha risposto così:”Non userei il termine ‘spontaneamente’. La pressione della stanza è inferiore alla pressione del vapore dell’acqua a temperatura ambiente. Semplice termodinamica.”

Naturalmente Twitter ha reagito in maniera straordinaria, altri utenti facevano la coda per congratularsi con lui e la sua perizia e chiedergli “ti prego spiega bene la scienza alla astronauta cinguettante”.

Non era solo. Recentemente c’è stata un’ondata di uomini che si sono fatti avanti per imporre le loro idee meno brillanti rispetto a quelle decisamente più qualificate, ma espresse da donne.

La scorsa settimana Donald Trump si è unito alla performance. Quando Rachel Fredericks, ex specialista delle operazioni dell’aviazione e veterana del corpo dei marines, che soffre di PTSD (Post Traumatic Stress Disorder – Disturbo Post Traumatico da Stress) ha chiesto a Trump cos’aveva in programma di fare per “interrompere l’ondata di suicidi che provoca 20 vittime al giorno tra i veterani”, Trump ha immediatamente risposto “Veramente sono 22”. La Frederiks non ha potuto far altro che scuotere la testa mentre Trump citava statistiche meno aggiornate delle sue.

Questo episodio è avvenuto solo un mese dopo che l’astrofisica Katherine J Mack ha postato un tweet esprimendo la sua angoscia per il danno che viene provocato dai cambiamenti climatici, prontamente commentato da un blogger “Magari potresti studiare la scienza vera.” Fortunatamente la Mack ha la risposta pronta: “Mah, non so, ho già un dottorato in astrofisica, non vorrei esagerare”

Ma la sua battuta non poteva restare senza commenti. Il tizio, che evidentemente non sa quando è il momento di smettere, cancellare il suo account di Twitter e riconsiderare le sue scelte di vita, ha replicato “Allora dovresti chiedere un rimborso perché non ti hanno neanche insegnato le basi”. Quando la Mack ha risposto al fuoco con l’ennesima dimostrazione delle sue credenziali accademiche, un altro tweeter è subentrato nella conversazione a scopi didattici: “Katie, sarà anche divertente, ma non diamo corda ai troll”. Sarebbe stato troppo lasciare che l’astrofisica, così intelligente e qualificata scegliesse da sé come gestire la questione.

Sono tante le donne, nei più svariati settori, che si trovano ad affrontare questo tipo di problema. Anemie van Vleuten, ciclista olimpica, l’ha scoperto dopo il grave incidente subito durante una gara alle olimpiadi di Rio. Il tweeter Martin Betancourt le ha offerto questo generoso consiglio: “Prima lezione di ciclismo, la bicicletta va mantenuta stabile, sia che tu vada piano o che tu vada veloce.”

Essere corrette da uomini meno qualificati è un fenomeno che diverse donne segnalano, particolarmente quelle che sono esperte in settori prevalentemente maschili. All’ Everyday Sexism Project (Progetto del sessismo quotidiano) abbiamo sentito da una donna impiegata nel settore IT che i colleghi maschi, con minor esperienza, durante le sue riunioni progettavano funzioni di computer basiche; un ingegnere (donna) ha raccontato che un uomo ha tentato di spiegarle come funzionano i pannelli solari e mentre un’altra donna ha avuto a che fare con un cliente che le descriveva le sue politiche aziendali scandendo lentamente le parole e chiamandola “tesoro”.

Le risposte argute a queste situazioni possono far sorridere – come quella volta in cui un’utente ha twittato di uomini che le spiegavano come andavano le cose, solo perché un uomo rispondesse con il classico mansplain (o spiegazione virile, del tipo, “tranquilla bimba, te lo spiego io”)

Ma c’è una questione ben più seria che sta dietro tutto ciò. Queste interazioni sono la manifestazione visibile di presupposti sociale che proclamano l’inferiorità delle donne in situazioni intellettuali e professionali. E sono proprio questi presupposti a rappresentare gli stessi stereotipi radicati per cui le donne vengono promosse a posizioni di prestigio o addirittura assunte per determinate cariche meno frequentemente rispetto agli uomini.

Le stesse questioni che sono in gioco quando le donne sul posto di lavoro vengono interrotte mentre stanno parlando, quando un cliente rivolge tutte le domande ad un collega maschio di minore esperienza, oppure quando una donna propone un suggerimento durante una riunione ed è completamente ignorata, solo per applaudire, pochi istanti dopo, la stessa identica proposta ma fatta da un collega maschio. E’ quello che la scrittrice Soraya Chemaly ha descritto come “caro vecchio sessismo espresso in socializzazione di genere e una preferenza culturale predefinita per il dominio maschile istituzionalizzato nella vita pubblica”.

Tuttavia, come ha sottolineato la Chemaly, non basta suggerire alle donne di essere più assertive per sistemare la cosa, come spesso si sente dire. Il problema non deriva da donne insicure, che si torcono le mani e che restano lì titubanti ed indecise finché non giunge lui, l’eroe, pronto a fornire una spiegazione. La suddetta astronauta, l’astrofisica, la veterana dei Marines e la ciclista olimpica non hanno proprio niente a che vedere con questa descrizione.

No, un tale atteggiamento scaturisce quando gli uomini crescono in un mondo che insegna che la loro conoscenza e le loro opinioni hanno più valore di quelle di una donna ben più esperta. Succede quando alcuni uomini agiscono in base a questi presupposti incancreniti. E l’effetto di questo atteggiamento, particolarmente nei luoghi di lavoro, può andare ben oltre il fastidio iniziale. L’unico modo per darci un taglio è di cambiare la storia in cui i contributi maschili sono posti ad un livello superiore rispetto a quelli femminili, non di “addestrare” le donne a gestire una tale situazione.

Nel contempo, ecco una regola d’oro per tutti quegli uomini troppo zelanti su Twitter: se lei indossa un’uniforme della NASA, prendetevi un minuto per capire se volete davvero dirle come fare il suo lavoro. Oppure, come ha scritto un tweeter, “Penso che questa lezione sia andata bene. Ma avresti dovuto dirle di sorridere di più. Le donne lo adorano.”