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Mattarella: per onorare memoria Borsellino ricercare verità

Mattarella Borsellino

La strage di via d'Amelio è stato "uno dei più gravi depistaggi della storia italiana". Sergio Mattarella esorta a non smettere di cercare la verità.

Sergio Mattarella in occasione del 26esimo anniversario della strage di via d’Amelio, dove vennero uccisi da Cosa nostra Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta, esorta tutti a “non smettere di cercare la verità“. Il 1 luglio la sentenza del processo “Borsellino quater” ha infatti messo nero su bianco che sul caso c’è stato “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”.

Mattarella: serve verità su Borsellino

“A ventisei anni di distanza sono vivi il ricordo e la commozione per il vile attentato di via d’Amelio, in cui hanno perso la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi, Claudio Traina” ricorda Sergio Mattarella, in occasione della commemorazione della strage. Il magistrato è stato infatti assassinato da Cosa Nostra assieme a cinque agenti della sua scorta il 19 luglio 1992, appena due mesi dopo la strage di Capaci dove persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.

“Borsellino – ricorda il Capo dello stato – era un giudice esemplare: probo, riservato, coraggioso e determinato”. “Le sue inchieste hanno costituito delle pietre miliari nella lotta contro la mafia in Sicilia. – sottolinea – Insieme al collega e amico Giovanni Falcone, Borsellino è diventato, a pieno titolo, il simbolo dell’Italia che combatte e non si arrende di fronte alla criminalità organizzata”. Per questo motivo, chiarisce il presidente della Repubblica, “onorare la memoria del giudice Borsellino e delle persone che lo scortavano significa anche non smettere di cercare la verità su quella strage”.

Il più grave depistaggio

A credere che la verità sulla sull’omicidio di Paolo Borsellino possa ancora emergere è sicuramente il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero che in un’intervista a Sole24Ore si dice “convinto che non occorrerà tantissimo tempo, per rimettere a posto tutti i punti fermi sulla strage di via D’Amelio e scoperchiare questo calderone di sporcizia, che ha infangato anche le parti migliori del nostro Stato”.

I giudici della Corte d’Assise di Caltanissetta, a conclusione del processo “Borsellino quater” hanno infatti messo nero su bianco che sul caso c’è stato “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”. Per la prima volta in una sentenza viene inoltre indicato il ruolo chiave di una persona nell’occultamento dell’agenda rossa di Borsellino, finora mai ritrovata. Per la Corte Arnaldo La Barbera, ex capo della Mobile di Palermo, fu infatti “intensamente coinvolto nella sparizione dell’agenda, come è evidenziato dalla sua reazione, connotata da una inaudita aggressività, nei confronti di Lucia Borsellino, impegnata in una coraggiosa opera di ricerca della verità sulla morte del padre”.

Sentenza rende ottimisti

Per il procuratore Cafiero, però, questa sentenza più che abbattere rende “ottimisti” perché un tempo per descrivere “la stessa realtà sarebbe stata appannata da un giro di parole”. “Quelle verità fanno parte della nostra democrazia, sono pilastri del nostro Stato, delle nostre libertà e necessariamente va fatta luce” chiarisce il magistrato.

“Mi sembra una vittoria – prosegue nell’intervista a Raffaella Calandra – poter dire quello che è avvenuto, cioè che c’era stato un castello di menzogne messo su da qualcuno che ha fatto trapelare delle verità, attraverso un estraneo alla strage (il falso pentito, Vincenzo Scarantino, nda)”. “C’è stato un manovratore. – conclude Cafiero – Quella sentenza è una sollecitazione per magistrati e polizia giudiziaria a fare di più, come lo è stato la relazione della Commissione parlamentare antimafia che ha elencato i punti da chiarire”. E come esorta oggi anche Sergio Mattarella.